Amaro Montenegro suona la ‘settima’ sui cieli di Bologna

L’azienda dell’amaro Montenegro ha aperto le porte, per  un tour alla scoperta dei suoi segreti. Da San Lazzaro di Savena a 130 piedi di altezza sospesi sui colli bolognesi. E’ il #betheverobartender.

Bere in sospensione a quaranta metri di altezza non è da tutti. Cosa ci facevano giornalisti, blogger e bartender in un bar tirato su da un braccio meccanico, piedi ciondolanti, con vista su Bologna e i suoi colli, in compagnia del noto mixologist Giuseppe Gallo? Facciamo un passo indietro per scoprirlo.

L'Amaro Montenegro più invcchiato

L’Amaro Montenegro più invcchiato

Abbiamo accolto l’invito di Montenegro a visitare l’azienda. Un’occasione rara, in cui per la prima volta il Gruppo ha deciso di aprire le porte del proprio stabilimento. Andiamo a San Lazzaro di Savena, dove ha la sede, per vivere quella che hanno chiamato “Montenegro be the vero bartender – The experience”. La filosofia della casa è sempre la stessa da 130 anni. “La ricetta dell’amaro è la stessa, immutata, a dimostrazione di una certa continuità”, spiega l’Ad Marco Ferrari che motiva la nostra presenza per “il desiderio di Montenegro di raccontare la propria storia e il proprio prodotto”. Così, dopo le dovute precauzioni (sanificati, con indosso il vestiario necessario) varchiamo il tornello e penetriamo nel cuore della produzione. Lo stabilimento è lì dal 1970. All’epoca tutto era coordinato da un mega pannello che ricorda quello delle sale comandi delle vecchie grandi stazioni ferroviarie. Un pezzo di “archeologia industriale” lo definiscono, che sta lì come cimelio a rinforzare la memoria e la continuità con la tradizione. Oggi è sufficiente un Pc ovviamente. Ci guida nel percorso l’herbalist dell’azienda, Matteo Bonoli. Passeggiamo tra botti di rovere di ogni grandezza. L’odore di brandy (si lavora anche la Vecchia Romagna) spezie e erbe aromatiche invade le narici. E’ all’interno di quel capannone che giungono le materie prime per la produzione del Montenegro. Tutto ha inizio da 40 erbe, spezie e frutta provenienti da tutto il mondo. A San Lazzaro c’è il prodotto già semilavorato, che si riduce a solo sei essenze cui si aggiunge l’ultima, il settimo sigillo che dona al Montenegro quel suo “sapore vero” che lo contraddistingue. Si tratta del vero segreto che ognuno ha cercato di carpire. Abbiamo assaggiato “il premio”, come in azienda

Un momento della visita

Un momento della visita

chiamano la settima essenza, ma nessuno ne è venuto completamente a capo. A sentirlo è come annusare lo stesso amaro. “E’ talmente forte”, sottolinea Matteo Bonoli, “che ne basta 1 litro su 15 mila per generare l’effetto desiderato”. Sono soltanto due le persone a conoscenza della ricetta segreta e tali rimarranno. Si può solo aggiungere che nasce da cinque selezionatissime botaniche. La segretezza è fondamentale e accompagna l’intero processo di produzione. A San Lazzaro non si conosce cosa succede nello stabilimento di Teramo (dove si inizia la lavorazione delle botaniche) e viceversa. Quando tutto è pronto, il liquido si mette a riposo in botti da 400 litri, misura ritenuta ideale per un primo invecchiamento. Il legno è di provenienza francese (Cognac) e dalla Slavonia, che offrono i migliori materiali. In base alle condizioni delle botti, il futuro Montenegro rimarrà al chiuso circa un anno.

La cantinetta

La cantinetta

Altre notizie le apprendiamo da Giuseppe Gallo con la sua masterclass che spazia dal concetto di amaro nella storia fino alla storia del prodotto in questione. In sintesi, il tutto prende il via nel 1885, a Bologna, da un’idea di Stanislao Cobianchi. Un uomo dal destino segnato nella carriera ecclesiastica, che invece preferisce studiare le piante, diventa un erborista nonché  grande viaggiatore del suo tempo, fondando l’azienda. Il suo nome è riportato fedelmente sul collo della bottiglia. Quando crea la sua distilleria, era sulla bocca di tutti il matrimonio tra Elena del Montenegro e Vittorio Emanuele III, re d’Italia. Facile, dunque, dedicare in suo onore l’amaro. Il successo tuttavia giunge grazie a Gabriele D’Annunzio che non era nuovo a reclamizzare liquori e simili, pur essendo pressoché astemio (vedi Aurum o il Sanague Morlacco). Il ‘Vate’, in una lettera del 26 maggio 1926 pubblicizzata dalla “Ditta Gazzoni” di Bologna scrive “Amaro Montenegro: il liquore delle virtudi”, apprezzato dai suoi amici.

A proposito di apprezzamenti, alla fine della lezione con Gallo e Bonoli, si è passati alla prova in

Montenegro Experience

Montenegro Experience

miscelazione, prima sul posto, poi “sulle nuvole”…  Con il supporto del bartender  Rudi Carraro (Artesian di Londra, oggi collaboratore anche dell’azienda Montenegro), sono stati fatti assaggiare un “Montenegroni”, variante del celebre “Negroni”, il “Monte Mule”, sulla scia dell’ormai arcinoto “Moscow Mule”, e per finire un “Monte Manhattan”, twist on classic dell’intramontabile “Manhattan”. A chiudere la giornata, un’esperienza fuori dal comune. In una villa bolognese, un braccio meccanico ha sollevato a 130 piedi un bancone bar, attorno a cui gli ospiti, seduti e coscienziosamente imbracati, hanno concluso con un aperitivo all’ ‘altezza’ di Montenegro: un Monte Spirited Soda. L’emozione, un filo di timore, più che giustificato, ha attraversato tanto gli ospiti quanto Giuseppe Gallo e Rudi Carraro, gli unici rimasti in piedi a dover servire da bere. Tra una battuta e l’altra per stemperare il clima, i numerosi selfie scattati hanno immortalato visi felici, ardenti per un’esperienza

Sospesi a 130 metri di altezza

Sospesi a 130 metri di altezza

unica, “dal sapore vero”.

Presto, per gli amici bartender, ci saranno delle novità che verranno comunicate da Montenegro. Per il momento noi manteniamo il segreto… Ps A proposito di segreti: ricordate la famosa anfora della pubblicità dell’amaro? Esiste, ed è gelosamente custodita in azienda…

Il Montenegro in breve

Profumi e sapori. Il risultato del lavoro di produzione e invecchiamento regala un liquore con un pannello di gusti diversi e perfettamente equilibrati tra di loro. Si percepiscono i profumi mediterranei di origano e maggiorana; la dolcezza dei chiodi di garofano, cannella e noce moscata; l’amaricante donato da un mix di 4 tipologie di assenzio; l’agrumato col dolce/amaro delle piccole arance amare essiccate e arance dolci. In bocca si percepisce la sua fluidità,

Giuseppe Gallo all'opera

Giuseppe Gallo all’opera

corposità, pastosità.

Il processo: bollitura, macerazione e distillazione 40 botaniche, che si riducono a sei essenze cui si aggiunge la settima segreta, detta “premio”. Il metodo di estrazione delle essenze cambia a seconda dei prodotti. Si procede per bollitura con acqua purificata del Gran Sasso, con la temperatura che cambia in base alle erbe usate. Altre essenze dalle spezie sono estratte tramite macerazione e distillazione in discontinuo in alambicchi di rame.

Gaetano Massimo Macrì

Martiniano. Bartender/giornalista. Insegnante di quello che – seppur in molti sembrano esserselo dimenticato – va sotto la voce di “American Bar”. Tradotto significa: esigente bevitore al bancone e miscelatore ignorante, perché, come scriveva un ‘collega’ degli anni ’30 del secolo scorso (Elvezio Grassi in “1000 misture”) l’essere un buon barman è “sapere quanto poco noi sappiamo”. Mi sembra un ottimo punto di partenza. Per questo motivo vado in giro per locali, alla ricerca del mio perfetto martini cocktail, nonché del mio bartender di fiducia. Un po’ Ernest Hemingway, un po’ David Embury, un giorno scriverò anche io una ‘bartender’s guide’ o qualcosa del genere. Infine, ma assolutamente non da ultimo per importanza, ecco alcune disposizioni per chi fosse interessato a farmi da bere. Colui che mi preparerà un buon Americano, avrà la mia simpatia. Colui che saprà costruirmi un Boulevardier degno di nota, otterrà la mia riconoscenza. Se, poi, non solo non disdegnerà un Old Pal, ma sarà in grado di equilibrarmelo nella coppetta, godrà di tutta la mia più profonda stima. Il martini, tuttavia, è un’altra faccenda.

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