Flavio Angiolillo: “Ecco il cocktail del momento”

Si chiama “Giappone”, al Mag sta diventando un must. Dei tredici cocktail del nuovo menù ispirato all’Expo, è lui il cocktail preferito. Flavio ce lo ha raccontato e fatto assaggiare

Flavio è come il Mag. Il Mag Café, sui Navigli milanesi, è una ‘macchina da guerra’. La location ‘tira’. Il tempo non si spreca, si

Il menù del Mag

Il menù del Mag

ottimizza. Ogni secondo può essere prezioso per fare qualcosa che giovi al locale, alla serata e, alla fine, al cliente. Flavio è esattamente così. Una mente allenata a calcolare tempi e modi. Certi numeri non si reggono altrimenti. Parliamo di Flavio Angiolillo, il deus ex machina del Mag. Molti lo avranno visto in TV a presentare, con Leonardo Leuci del Jerry Thomas di Roma (altro grande bartender di livello internazionale) la trasmissione Mixologist. Flavio ci dà appuntamento di pomeriggio, “prima che giunga l’assalto”. Si riferisce all’orda di gente che, dopo la manifestazione dell’ “Agave Experience”, si riverserà nel suo locale. Arriviamo puntuali. Lui è già indaffarato a lavorare. Al bancone? A preparare cocktail? No. A curare le piantine sui tavoli. Provate a trovare un bartender della sua esperienza che faccia questo. Lo abbiamo detto: la regola qui è saper ottimizzare i tempi. I suoi ragazzi già producono al bancone, mentre lui dirige l’orchestra. E se nell’armonia dello spartito, è prevista l’innaffiatura delle piantine, Flavio esegue. In questo è un grande esempio.
Per non falsare i tempi di battuta, il cocktail di primavera ce lo presenta tra una nota e l’altra. Come un controcanto. Parlando con noi, salutando i clienti e impartendo ordini alla sua scuderia. Così, rapido e conciso, ci prepara il “Giappone”. Si tratta di uno dei tredici nuovi cocktail del menù del Mag, ispirato all’ Expo, in corso a Milano. Ognuno ha il nome di un Paese, con un suo ingrediente tipico. “Come cocktail primaverile, io sceglierei sicuramente il ‘Giappone’. Si tratta di quello più bevuto, ma soprattutto è molto fresco”.

Note degustative

Flavio Angiolillo e il suo "Giappone"

Flavio Angiolillo e il suo “Giappone”

La freschezza del lime e l’odore della salvia creano un perfetto connubio. Gli aromi della salvia salgono nel naso, sposandosi col gusto del lime. Il cardamomo, poi, “dona ulteriore freschezza”, come ci spiega Angiolillo. L’impressione fin dall’inizio è quella di un drink davvero ben bilanciato. Viene servito con ghiaccio.
La calura lungo i Navigli quel pomeriggio non dava tregua. Il “Giappone” è stato senz’altro il miglior momento della giornata. A riprova del fatto che qui i clienti lo chiedono volentieri. Andiamo via dal Mag mentre subisce le prime avvisaglie di quell’ “assalto” previsto. Quando vi ritorniamo, in serata, dopo cena, i sorrisi sono numerosi quanto i bicchieri. Il Giappone, pensiamo, in effetti ha invaso quel tratto di Milano. È un’ invasione che piace, è l’Expo milanese, è l’Expo del Mag. “Qui c’è un Giappone, un Americano, un Maya!”, urla Flavio, maestro di cerimonia. E per noi è musica. La lista dei nuovi cocktail è un tributo al mondo. Milano si conferma sempre la città più internazionale. Flavio Angiolillo (che ha origini anche francesi e romane) e il suo locale, ne sono la perfetta sintesi. Buona miscelazione a tutti.

Giappone
20 ml di gin dry
20 ml di gin con infusione di shiso*
20 ml di ginger beer
20 ml di lime spremuto
10 ml di sciroppo salvia
3 dashes di assenzio
1 dash di cardamomo per la freschezza
Garnish: foglie di salvia

*Pianta aromatica giapponese, simile al basilico

Gaetano Massimo Macrì

Martiniano. Bartender/giornalista. Insegnante di quello che – seppur in molti sembrano esserselo dimenticato – va sotto la voce di “American Bar”. Tradotto significa: esigente bevitore al bancone e miscelatore ignorante, perché, come scriveva un ‘collega’ degli anni ’30 del secolo scorso (Elvezio Grassi in “1000 misture”) l’essere un buon barman è “sapere quanto poco noi sappiamo”. Mi sembra un ottimo punto di partenza. Per questo motivo vado in giro per locali, alla ricerca del mio perfetto martini cocktail, nonché del mio bartender di fiducia. Un po’ Ernest Hemingway, un po’ David Embury, un giorno scriverò anche io una ‘bartender’s guide’ o qualcosa del genere. Infine, ma assolutamente non da ultimo per importanza, ecco alcune disposizioni per chi fosse interessato a farmi da bere. Colui che mi preparerà un buon Americano, avrà la mia simpatia. Colui che saprà costruirmi un Boulevardier degno di nota, otterrà la mia riconoscenza. Se, poi, non solo non disdegnerà un Old Pal, ma sarà in grado di equilibrarmelo nella coppetta, godrà di tutta la mia più profonda stima. Il martini, tuttavia, è un’altra faccenda.

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