Head to Head Competition Seconda edizione: 3° tappa Meccanismo

E’ di nuovo Trastevere, è più precisamente Meccanismo, storico locale situato proprio nel cuore di uno dei quartieri più noti della movida capitolina, ad ospitare la terza tappa dell’Head to Head bartender competition. Svolgendosi in serata la gara è stata vissuta, tanto dai concorrenti quando dal pubblico e

Un pubblico di appassionati e concorrenti

Un pubblico di appassionati e concorrenti

dalla giuria, proprio come un vero turno di lavoro, con il bistrot brulicante di persone e tutta la confusione tipica di un locale noto e frequentato. Giudici di questa serata l’ormai collaudato triunvirato formato da Patrick Pistolesi, bartender del Caffè Propaganda di Roma, Raffaele Rendina, enologo di Rosso Peynaud e Francesco Spenuso, della scuola Flair Project.

La fase a gruppi

Come sempre ad aprire le danze sono state le due batterie eliminatorie in cui i sei barman si sfidano a colpi di twist on classic ed improvvisazioni senza però il fardello delle difficoltà aggiuntive. I primi tre sfidanti a salire dietro al banco di Meccanismo si sono dovuti cimentare con uno dei più diffusi distillati di canna da zucchero: il rum Havana 3. E’ toccato ad Alessandro Cofini, in particolare, confrontarsi per primo con la giuria, decisamente magnanima nella scelta del prodotto. Il caos (che conferma il successo della manifestazione) e la musica live, prevista per il normale svolgimento della serata del Meccanismo, ci hanno impedito di

Emanuele Cugini

Emanuele Cugini

raggiungere il banco prima che il giovane bartender terminasse la sua preparazione. Giunti infatti a ridosso della postazione era già all’opera Gianfranco Azzarone, per tutti Frank, intento a preparare un drink con Havana 3, lime, zucchero liquido, menta fresca e abbondante bitter al lemongrass; un cocktail beverino con una decisa nota di menta. A completare il primo terzetto è stato infine Emanuele Cugini con “Un filo meno”, nome riportato finanche in un’etichetta estratta dal taschino dallo stesso concorrente, un twist sul “Daiquiri” realizzato con Havana 3, lime, succo di lavanda  e spuma al sambuco.  Per mantenere la stessa linea di difficoltà, ed esser più equa e giusta, la giuria ha poi assegnato al secondo terzetto un canonico Gordon’s Gin come base per le loro creazioni. Shaker alla mano è stato così il turno di Bruno Rocco con il suo “Cinnamon gin” lavorato con gin, ovviamente, Cointreau, sciroppo alla cannella ed orango bitter per un drink più che dominato dalla nota speziata. Prima e unica donna per questa tappa dell’Head to Head da Meccanismo è toccato poi a Arlyna Ysabel cimentarsi con la proposta dei tre giurati, proponendo un miscelato che, come il precedente, prevedeva con Gordon’s Gin, sciroppo alla cannella ma questa volta con le semplici aggiunte di succo di limone ed albume d’uovo; una ricetta classica che, se ben realizzata, centra quasi sempre il bersaglio. Per chiudere la seconda batteria è salito sulla pedana Salvatore Monetta, presentatosi alla giuria offrendo tre

Salvatore Monetta

Salvatore Monetta

shot di tequila al posto dei più canonici bicchieri d’acqua. Anche in questo caso lo sfidante ha optato per un cocktail shakerato, il “Totò collins”, preparato con gin, succo di limone, succo di pompelmo rosa, sciroppo di lavanda e soda. Fatte le solite raccomandazioni sul prestare attenzione ad alcuni dettagli (come assaggiare il drink prima di concludere la preparazione o migliorare lo speach) la giuria ha emesso i suoi verdetti: passano alle  semifinali Alessandro Cofini, Gianfranco Azzarone, Arlyna Ysabel e Salvatore Monetta.

Le semifinali

Per il primo duello delle semifinali che, ricordiamo, prevedono l’introduzione di una difficoltà aggiuntiva nella preparazione del drink, i due barman hanno dovuto miscelare un cocktail con minimo 30 ml di Jameson e un quantitativo a scelta di Porto Sandeman.  Gianfranco Azzarone ha pensato di proporre una “personalissima” versione di un “Sazerac” con whiskey irlandese, Sandeman, Drambuie, orange bitter e la

 Arlyna Ysabel

Arlyna Ysabel

classica sporcatura d’assenzio. Ancora più semplice la scelta della sua sfidante, Arlyna Ysabel, che, con il suo “Deidi”, ha realizzato un cocktail, dal bel colore rosso acceso, con Jameson, Sandeman e bitter alla vaniglia. Completamente diverse le atmosfere della seconda semifinale che i barman hanno dovuto affrontare senza l’uso del jigger. Nella categoria liquoristica italiana i tre giudici hanno infatti selezionato lo storico Sangue Morlacco della Luxardo, un liquore alla ciliegia marasca. Alessandro Cofini ha così deciso di preparare una sorta di “Boulevardier” bianco con Maker’s Mark, vermouth bianco, Biancosarti e un plot di Sangue Morlacco (che ha lasciato qualche perplessità sul quantitativo di liquore utilizzato, essendo obbligatorio un minimo di 30ml), ironicamente chiamato “Lo

Sandeman e Jamson

Sandeman e Jameson

dovevo assaggià”. Più polemica la seconda performance che ha visto protagonista Salvatore Monetta e il suo twist sul “New York Sour” (impropriamente chiamato così vista anche l’assenza del vino, elemento essenziale per la realizzazione di questo cocktail), il “New York a Roma”, preparato con Buffalo Trace, Laphroaig quarter cask, lime, sciroppo di zucchero e, ovviamente, Sangue Morlacco. Nonostante le molte sbavature riscontrate dalla giuria e la piccola diatriba scatenatasi nella seconda semifinale  il risultato delle due gara vedeva trionfare Gianfranco Azzarone e  Salvatore Monetta.

La finale

Ristabilita la calma toccava nuovamente e a Frank, Gianfranco Azzarone, salire sulla pedana del Meccanismo per preparare un cocktail con minimo 50 ml di Grand Marnier e un elemento effervescente a scelta. Per ideare una ricetta da premesse tanto difficili il giovane bartender miscelava il liquore all’arancia con un Kentucky Bourbon, il Benchmark, lo sciroppo alla cannella, il lime, la menta e la soda; il suo “Al cavaliere nero…”. Un evidentemente ancora scosso Salvatore Monetta proponeva invece un la proclamazioneottimo Tiki Cocktail, seppur dal nome partenopeo “Napul’è”, con Grand Marnier, orzata, Rum El Dorado, Rhum Rhum, Rum Appleton Estate ed uno spoon di Cointreau, scordando però di aggiungere l’ingrediente sparkling. Al di là di ogni altra considerazione anche solo per questa fatale dimenticanza la vittoria non poteva che andare a Gianfranco Azzarone.

L’intervista al vincitore

Gianfranco Azzarone, c’eravamo già visti lo scorso anno sempre all’Head to Head, raccontaci chi sei, come sei arrivato fino a qui?

Mi chiamo Gianfranco Azzarone, ma tutti mi chiamano Frank, credo ci fosse solo mio cugino alla gara che mi chiama ancora Gianfranco. Studio lingue, mi sto per laureare e lavoro a Ris Cafè a Piazza Risorgimento, a Roma. Sto aspettando di laurearmi per poi cercare lavoro all’estero, per avere una vita un po’ più tranquilla. Non avevo mai previsto di fare il barman, ho iniziato quasi per scherzo poi, per essere un po’ più indipendente, ho preso a lavorare prima da cameriere e poi da barman.  Ho iniziato a fare corsi, sono arrivato qui a Roma, ho scoperto il Jerry Thomas Project. Da lì ho intrapreso la via della mixology, a

Gianfranco Azzarone

Gianfranco Azzarone

studiare la storia, la merceologia, i classici.

Pensi che questo possa essere un lavoro dalle prospettive interessanti, magari all’estero?

Io sto usando la mia laurea come un gadget, un aiuto per questo lavoro. Perché più lingue parli più puoi girare il mondo. Il mio obiettivo è quello di girare tutti e cinque i continenti. Comunque consiglio a tutti i ragazzi, oltre agli studi di bartending, di imparare le lingue e di interagire con i clienti. Io oggi non ho dato una grande dimostrazione di dialogo, ma l’emozione mi ha giocato un brutto scherzo. Le lingue e la storia però sono importanti, perché questo lavoro comprende tutto. Non è solo stare dietro il banco, fare i cocktail. E’ storia, psicologia, comunicazione.

Psicologia, comunicazione. Elementi fondamentali se parliamo di ospitalità. Quanto pensi sia importante l’hosting in questo lavoro?

L’ospitalità, girando altri paesi, è centrale. Anche noi avevamo questo spirito, con i vecchi osti, ma lo

Frank, il vincitore della terza tappa

Frank, il vincitore della terza tappa

stiamo perdendo. L’oste era il punto di riferimento. Dobbiamo rinnovare queste vecchie abitudini.  Adesso ok, siamo tornati a fare bere bene, anche con tecniche nuove e prodotti nuovi.  Ma ci stiamo troppo focalizzando sul drink e stiamo dimenticando il cliente. Il cliente vuole solo stare bene e bere quello che gli piace. Anche se viene a bere una birra devi intrattenerlo, consigliarlo.

Hai detto di aver viaggiato molto, che differenze hai trovato nel modo di approcciare a questo mestiere?

Ho notato che le persone non sono abituate a bere come noi, a livello di prodotti, ma sono abituati ad esser trattati in maniera diversa. Ad esempio sono stato pochi giorni fa a Berlino, al Buck & Breck, uno dei miei locali preferiti, lì il barman lavora dietro un banco aperto enorme, in tranquillità, aiutato dai suoi back, ognuno con il proprio compito. E’ tutto dentro il banco, anche la bottigliera, con bottiglie spoglie, senza sigle o etichette, giusto con qualche fiocchetto per riconoscerle. Poi certo, se vai in Centro America c’è poca miscelazione, lì bevono quasi solo birra. Dipende sempre dal contesto.

Giampiero

Dal cinema al whisky il passo può esser breve. Basta fare un viaggio in Scozia, perdersi magari nel cuore delle Highlands, e ritrovarsi a chiacchierare in un piccolo pub di Ullapool parlando di torbatura e imbottigliamenti. Nasce così una passione travolgente, girando l’Italia, l’Europa (e non solo) di degustazione in degustazione, di locale in locale... alla scoperta del meglio che questo universo può offrire. Cocktail preferito: Rob Roy Distillato preferito: Caol Ila 25 yo

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