Il ‘nuovo’ bar di Checchino dal 1887 – Intervista a Simone Mina

La nascita della cucina testaccina, il carrello delle grappe di Nonino, passato e futuro di uno storico ristorante, Checchino dal 1887, che si avvicina a festeggiare i suoi 130 anni, con una grande novità: un bar innovativo, proprio come lo fu la sua cucina, oggi passata a tradizione

L'entrata di Checchino

L’entrata di Checchino

E’ un freddissimo mercoledì di Gennaio. Roma è stranamente deserta. Davanti a un buon bicchiere di vino rosso, il Brand Ambassador Botràn e bar Manager di ‘’Checchino dal 1887’’, Simone Mina mi illustra quali sono i suoi progetti proprio per il ristorante di famiglia.

Iniziamo con un po’ di storia. Simone, ci puoi raccontare come tutto ha avuto inizio?

“Checchino nasce sul monte dei cocci”* nel 1870 iniziando come una specie di Vini e Oli situato dove c’è l’odierna cantina. Era adibito solo alla mescita con qualche pietanza non cotta e qualche salume. Successivamente, nel 1887 arriva la prima licenza di osteria con cucina che principalmente lavora di pari passo con il mattatoio situato proprio dinnanzi al ristorante”.

La vicinanza al mattatoio in qualche modo influenzò il locale.

La prima licensa di Checchino

La prima licensa di Checchino

“Divenne sempre di più un punto di ristoro per i vaccinari, il gradino più basso della scala gerarchica del mattatoio, che venivano pagati con parte di denaro e parte di quinto quarto. Il quinto quarto era la parte non commerciabile del bove che era composta dalla testa, la coda, le zampe e le interiora. Questa ‘paga integrativa’ veniva portata al ristorante e data alla Sora Ferminia che era la responsabile della cucina. Possiamo dire praticamente che la ‘cucina testaccina’, come per esempio la coda alla vaccinara o la pajata  cosi come fegato e rognoni, fu inventata proprio da lei”.

Il primo cambiamento si è avuto con il subentro dei tuoi genitori. Quando è avvenuto e cosa è successo?

“Negli anni 70. Con l’ingresso dei miei genitori e di mio zio (il Sig. Francesco è un sommelier da 28 anni, addetto alla gestione della cantina, insieme ad un altro zio, Elio, oggi passato alla direzione della cucina, ndr) abbiamo ‘scoperto’ in cantina moltissimi vini francesi d’annata che ai tempi era un qualcosa di estremamente raro, e da lì abbiamo sviluppato una carta dei vini che ha sfiorato le 600 referenze. Assurdo per un’osteria romana di quei tempi. Così come assurda era l’idea del carrello delle grappe ideato insieme alla famiglia Nonino , descritto da Luigi Veronelli, scrittore esperto di food e beverage, come  ‘la carta solare delle grappe di Checchino’”.

Per un cliente che entra oggi da Checchino, quale differenza c’è rispetto ad allora?

Aldo Fabrizi al tavolo da Checchino

Aldo Fabrizi al tavolo da Checchino

“Quello era un gran bel periodo. Testaccio poi era un centro importante anche per l’industria cinematografica e spesso molti personaggi illustri si sono fermati da noi. Tognazzi, Manfredi, De Sica per citarne alcuni. Adesso il mondo della cucina si sta evolvendo tantissimo e spesso bisogna adeguarsi al momento che si sta vivendo. Non cambieremo mai modo ci cucinare perché il nostro ristorante per 129 anni ha accolto i propri commensali con le pietanze tipiche testaccine e continueremo per altri 130 anni. Quindi la risposta alla domanda ‘come facciamo a dare un tocco di modernità alla nostra storicità?’ è solo una: cambiamo il modo di bere. Fare una variazione sulla Gricia o la Carbonara  sicuramente farà gridare allo scandalo metà popolazione di Roma ma, per fortuna, nel modo di bere si sta azzardando un po’ di più e si ha il permesso di poter osare”.

Sull’argomento interviene lo Zio Francesco (Mariani, ndr) con una frase enormemente giusta:

‘’Ogni piatto, a suo tempo, era innovazione. La coda alla vaccinara così come la carbonara sono stati piatti estremamente innovativi. Poi, con il passare del tempo e l’apprezzamento delle persone, sono diventati dei grandi classici. Io personalmente ho visto molti piatti diventare classici e per questo non mi spaventa questa cosa… anche perché l’esperienza e la professionalità non ci mancano”.

Dunque, quale sarà il nuovo concetto del locale?

La cantina di Checchino

La cantina di Checchino

Continua Simone: “Il nostro concetto è molto semplice come la nostra cucina: tradizione nel bere e nel mangiare”.

Sulla carta dei cocktail cosa puoi dirci?

“Sarà una carta molto semplice con i ‘Cocktail Heritage’, alcuni leggermente rivisitati,  che hanno cambiato il modo di bere mondiale e sarà proposta insieme alla nostra cucina tipica di sempre. Ci saranno delle proposte interessanti con degli abbinamenti consigliati, pensati per esaltare tutti i sapori… o se qualcuno volesse fare un proprio abbinamento che ben venga!”.

La chiacchierata si chiude in cantina, in mezzo a maschere antigas della prima guerra mondiale, botti e anfore per la conservazione di vini e olio, qualche vecchio ferro del mestiere arrugginito,

Uno dei cocktail di Simone Mina

Uno dei cocktail di Simone Mina

bottiglie di porto del 1937,  una lista infinita di vini e champagne pregiati.

“L’apertura è prevista per fine gennaio – conclude Simone – Faremo una serata di presentazione per gli operatori di settore e giornalisti per poi, finalmente, aprire al pubblico”.

E con i nostri migliori auguri non ci resta che dire un inevitabile “e noi di BlueBlazer ci saremo!”.

*Il monte dei cocci non è altro che un accumulo di, appunto, cocci che gli antichi commercianti navali di Roma accumulavano dopo il trasporto di aceto, garum e vino. Per quel periodo era più semplice ed economico rompere un’anfora piuttosto che pulirla e farla tornare neutra e per questo accumularono in maniera ordinata e precisa questi cocci che, con il passare del tempo, formarono questo “monte”.

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