L’Alchimia del Whisky – L’unicità del Single Cask

Abbiamo partecipato alla prima puntata dell’Alchimia del Whisky di questo 2018, il ciclo di incontri che vede come protagonista assoluto il whisky, per l’appunto, e che consente ad appassionati e neofiti di conoscere e assaggiare bottiglie di assoluto valore. Marco Maltagliati e Marco Russo sono promotori di un format che tra incontri e viaggi organizzati alla scoperta di importanti distillerie, ci fanno riflettere sul mondo del whisky oggi, su come si è evoluto, e su come possa sposarsi con quello della miscelazione di

L'Alchimia del whisky al 1930

L’Alchimia del whisky al 1930

alto livello.

Sotto i riflettori Fabio Ermoli e Davide Romano di Valinch & Mallet, una realtà giovane tra le più interessanti a livello italiano ed europeo. Ce lo dice Marco Maltagliati già dall’inizio che questa nuova edizione dell’Alchimia del whisky fa un passo avanti rispetto alle precedenti, per farci avvicinare al fantastico mondo degli imbottigliatori indipendenti: “Non ci accontentiamo più di selezioni e assemblaggi proposti dalle distillerie, ma cerchiamo realtà indipendenti che ci spieghino come selezionare la botte”. Valinch & Mallet è una realtà nata nel 2015 dalla passione che unisce Fabio e Davide, due generazioni a confronto. Fabio, grande conoscitore del prodotto, da anni lavora nella distribuzione; Davide, giovane che proviene dal mondo della finanza, si appassiona al whisky quasi per sfida e decide di rischiare il posto fisso a Londra licenziandosi nell’agosto 2015 per reinventarsi in questo mondo. Di lì a poche settimane, il 3 settembre, viene registrato il marchio Valinch & Mallet, marchio del tutto home made. A novembre arrivano già i primi 12 imbottigliamenti, presentati con successo a Milano. Ad oggi sono presenti in 15 paesi, arrivando persino al Giappone. Come hanno fatto? Con il porta a porta, soprattutto all’inizio, racconta Davide. Selezionando le fiere internazionali più interessanti, e recandosi lì di persona per far assaggiare i campioni. Oggi sono tra i pochi ad avere un deposito doganale in Scozia, e questo permette loro un

Le bottiglie della serata

Le bottiglie della serata

controllo totale sulla qualità. Un discorso a ruota libera e coinvolgente il loro, che ci fa entrare direttamente nel mondo delle distillerie, dove ci raccontano non esiste credito: si paga ancor prima di salire ad assaggiare, per poi mettere sul piatto la differenza una volta scelta la botte. Se consideriamo che l’industria del single malt è una piccola parte dell’industria dei whisky, ci rendiamo conto come allora quella del single cask sia ancora più di nicchia. 
Non è per nulla facile inserirsi nel mercato, si tratta di un mondo molto elitario. Ma come si seleziona una botte?

Prima di tutto occorre assaggiare, perché persino all’interno di una stessa selezione possono riscontrarsi delle differenze significative dovute per esempio al legno delle botti. Il mondo del whisky è ancora straordinariamente legato all’artigianalità e alla territorialità: questo rende tutto molto più affascinante. Subentra poi ovviamente il gusto personale. Valinch & Mallet cerca di dare rilievo alle caratteristiche delle singole distillerie. La bravura sta nel prevedere che cosa può succedere al prodotto una volta imbottigliato, quali note potrebbero esasperarsi. Inoltre con l’esperienza si impara che i whisky hanno un

Un momento della degustazione

Un momento della degustazione

periodo evolutivo molto importante. Per questo le diluizioni vanno fatte con molta cura, tenendo bene a mente che si va a intervenire su una materia viva.

Durante la serata abbiamo assaggiato 4 bottiglie più una quinta, fuori programma, che fa parte di una selezione di Fabio degli anni ‘90. Questo ci ha permesso di entrare direttamente a conoscere le distillerie di Caol Ila, Lagavulin, MacDuff, e Heaven Hill, unico bourbon della serata, che ci proietta nel Kentucky, e che come ci anticipa Marco Maltagliati potrebbe rappresentare il ponte verso un ciclo di incontri che dal mondo dello scotch whisky ci colleghi alla produzione internazionale. Primo whisky della serata è il Caol Ila 6 anni Four Grain, che fa parte della linea “The Peaty Dna Collection”. Questa collezione rappresenta un esperimento primo nel suo genere, che nasce dalla curiosità di Fabio. In giro per vari depositi aveva cominciato a notare botti piccole con scritto Koval, nome della famosa distilleria di Chicago. Incuriosito cominciò ad informarsi per scoprire che Koval utilizza per le sue botti il rovere americano del Minnesota, ma non solo, fa fermentare le materie prime del bourbon separatamente (avena, segale, grano turco e mais) e le mette poi in botti distinte. Questo ovviamente consente alle botti di prendere delle note molto particolari. V&M decide di acquistarne 8. All’assaggio una piacevole scoperta: ognuna di queste botti aveva una caratteristica eccezionalmente diversa. Se il dna delle botti era lo stesso, perché il whisky torbato all’interno era lo stesso, cambiava notevolmente lo sviluppo. Dunque diventava evidente come il legno andasse a influenzare il prodotto finale. caol ila 6Fondamentale, inoltre, la decisione di ridurre la gradazione a 47,2 gradi. Sia perché la somma fa 13, numero che porta fortuna, sia perché a 46 gradi sembrava che le note si disperdessero, cosa che a un po’ più di 47 gradi invece non succedeva. Fabio coglie questo spunto per spiegarci che cosa sia la filtrazione a freddo e il perché dei 46 gradi. La filtrazione a freddo è una pratica industriale che conduce il prodotto finito a scorrere rapidamente in un tubo freddo che provoca il raffreddarsi repentino del liquido e quindi la formazione di una pellicola di glicerine e proteine responsabile dell’intorbidimento del whisky quando questo subisce delle botte di caldo o di freddo. Si tratta di una tecnica oggi molto discussa in quanto sembrerebbe causare la perdita delle caratteristiche organolettiche del whisky. La soglia tecnica per evitare che il prodotto diventi opalescente per gli sbalzi di temperatura è invece 46 gradi. È evidente come la scelta di V&M di 47,2 gradi li abbia messi a riparo da alcuni errori tecnici, e abbia permesso loro di distinguersi dalla massa dei 46 gradi. Per altro queste botti piccole consentono uno sviluppo dei sapori molto rapido. Nel nostro Four Grain si sente la torba, che non è pungente come quella di Laphroaigh o di Lagavulin, si sente molta frutta e si sentono le caratteristiche del legno.

Fabio ci permette con la bottiglia fuori programma di paragonare questo Caol Ila con il suo primo imbottigliamento del 2003. Occasione per sperimentare come Caol Ila sia cambiato da quando, circa 8 anni fa, ha installato un nuovo mashtun e nuovi waskbacks nella sua produzione. Dentro questa bottiglia c’è un pezzo di storia, in quanto testimonianza di distillazione Caol Ila del 1991. La bottiglia in cui è stato per 15 anni sembra avergli tolto le aspirità legate ai chetoni. Riflessione che porta Fabio a interrogarsi su cosa succeda ai congeneri aromatici in bottiglia, sembra che questi vadano a creare una catena aromatica più armoniosa col passare degli anni.

Passiamo al secondo assaggio, una bottiglia V&M South Shore Islay Malt, proveniente dalla distilleria

South Shore Islay Malt

South Shore Islay Malt

Lagavulin, che ogni anno vende ai privati un limitatissimo numero di botti. Riuscire a partecipare alla vendita è davvero difficile. Si tratta di un 8 anni. Lo confrontiamo con Caol Ila per renderci conto che si tratta di un prodotto più torbato. In questo caso la diluizione è stata portata a 48,8 gradi. Le note sono completamente diverse. Due lati opposti di Islay, due torbe differenti. Rispetto a Caol Ila risulta inoltre più corposo, e questo è merito dell’alambicco magico che ha reso Lagavulin famosa proprio per la capacità di distillare whisky particolarmente oleosi.

Terza bottiglia è il MacDuff, proveniente da una distilleria relativamente recente, poco nota rispetto ai grandi nomi, più conosciuta con il nome di Glen Deveron.  Nasce nel ’58, e si trova esattamente di fronte alla ben più rinomata Banff. Il bello del lavoro dei imbottigliatori indipendenti sta anche nel prendere distillerie poco note e farle conoscere ai più. MacDuff geograficamente è un po’ sfortunata perché si trova alla stessa altezza delle distillerie dello Speyside. In realtà fa ancora parte delle Highland. In questo caso V&M propone un 20 anni imbottigliato in una botte di bourbon. Quasi sicuramente si tratta di un secondo riempimento. Ci dice Davide che di solito si tende a pensare che solo il primo riempimento sia valido. In realtà non è vero. “Perché se vai a fare un prodotto giovane allora un first fill ha senso. Ma su un whisky invecchiato si rischia di avere uno sbilanciamento tra il carattere della distilleria e quello ancora spigoloso della botte”.  Carattere decisamente diverso rispetto ai primi, molto più morbido in bocca.

Quarta bottiglia proposta è Heaven Hill, 8 anni, Virgin Oak (perché è stata utilizzata una botte vergine di quercia americana). Heaven Hill è una distilleria molto grande, con metodo di distillazione a colonna. Un mondo molto diverso da quello scozzese. Questa bottiglia nasce da un capriccio. Davide ci spiega che all’inizio non amava affatto i bourbon. Negli anni invece ha imparato ad apprezzarli. Così quando si è

Heaven Hill, 8

Heaven Hill 8

presentata l’occasione di prendere questo barile non si è tirato indietro. La dolcezza che si avverte, le note quasi di violetta, una rotondità inaspettata, ne fanno un prodotto di assoluto interesse. È con questo bourbon che è stato realizzato il cocktail di presentazione della serata, esempio di miscelazione alta del whisky, pensato da Marco Russo e dai ragazzi del 1930 (miele, liquore all’arancia, pimento dram e crusta fatta con formaggio stracchino alla vaniglia). Molto più dolce di una rye speziato, secondo Fabio è un ottimo esempio di come si presenta il bourbon prima che l’industria intervenga snaturandone le caratteristiche.

A chiusura della serata un consiglio da parte di Davide a chi comincia ad avvicinarsi al mondo del whisky: fidarsi del proprio gusto senza farsi troppo influenzare, dandosi il tempo di conoscere e di affinare il proprio palato. Serata chiave di volta al 1930 che ci promette un terzo anno dell’Alchimia del Whisky ricco di spunti, novità e direttamente a contatto con le distillerie e l’affascinante mondo degli imbottigliatori indipendenti.

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