ShowRum 2015

Basta un dato, un semplice numero, per raccontare il successo dello ShowRum 2015, la terza edizione del primo festival italiano dedicato al rum: 3000. Sono state infatti tremila le persone, fra addetti ai lavori, appassionati e curiosi, che hanno riempito il grande Salone delle Fontane di Roma per scoprire o riscoprire i segreti del distillato di canna da zucchero. Merito, in primis, di Leonardo Pinto, vero ambasciatore della

La masterclass di Ian Burrel

La masterclass di Ian Burrel

cultura del rum prima ancora che organizzatore della manifestazione, capace di coinvolgere con il suo amore per il prodotto e con la sua passione tutti quelli che lo hanno incontrato. Nasce da qui la riuscita di un’idea cresciuta di edizione in edizione. Il più classico salone espositivo si è arricchito negli anni di una serie di masterclass di formazione (quest’anno tenuti da personaggi del calibro di Alessandro Melis, Richard Seale, Ian Burrell, i bartender del Jerry Thomas Project,  Nestor Ortega, Cristobal Srokowski e lo stesso direttore Leonardo Pinto), di una blind tasting competition, la ShowRUM  Tasting Competition, e di una settimana di eventi dedicati alla promozione del rum in miscelazione, la Rum Cocktail  Week.

Districarsi in una manifestazione tanto vasta, che raccoglie grandi brand e piccoli produttori, decine di paesi e un numero enorme di imbottigliamenti non è impresa facile neanche per gli addetti ai lavori. Non c’è dunque da stupirsi se, nel Salone delle Fontane, si rincorrevano voci di corridoio sui distillati

Il Beach House Spiced Rum

Il Beach House Spiced Rum

assolutamente da provare o su quelli, al contrario, da evitare. Con poco tempo a disposizione e tanti prodotti in assaggio l’obiettivo comune era infatti uno: trovare e provare quanto di meglio la produzione di rum contemporaneo potesse offrire. Un criterio interessante per decidere a quale banco avvicinarsi è sicuramente valutare la reperibilità di un prodotto. Alcune delle aziende presenti allo ShowRum 2015 non possiedono (o non possedevano, quattro aziende su cinque hanno ora trovato un importatore) ancora una distribuzione italiana, mentre altre sono appena entrate in un portafoglio nazionale. E’ questo, ad esempio, il caso di Beach House Spiced Rum, uno spiced rum, entrato di recente nella famiglia Onesti Group. Come ogni spiced, ovvero un distillato in cui vengono insufe spezie e aromi, anche questo prodotto possiede un gusto deciso e marcato, dominato, in modo quasi eccessivo, dalla presenza del miele con ricordi di uva passa, limone, arance e vaniglia; un bel panettone. Di tutt’altro genere, ma sempre distribuito dall’azienda emiliana, è il Damoiseau, rum agricolo proveniente dalla Guadalupa. Per chi si aspettasse i sentori forti, gli aromi primari della canna e del terroir, tipici di questo genere di distillato, probabilmente questa novità per il mercato italiano sarà leggermente deludente. Gli invecchiamenti in botte di rovere carbonizzato trasformano infatti completamente il prodotto originario, donandogli una gamma di caratteristiche comunque interessanti e aprendolo probabilmente ad un pubblico altrimenti irraggiungibile. L’unico Damoiseau che mantiene parzialmente intatte le note più tipiche degli agricòle è il

Damoiseau Rhum Vieux XO

Damoiseau Rhum Vieux XO

Rhum vieux Damoiseau XO, in cui si percepiscono ancora, soprattuto al naso, i sentori minerali del terreno e quelli erbacei della canna da zucchero. Il resto della produzione, seppur con chiare differenze, si caratterizza per la forte influenza dell’invecchiamento in botte che cambia la complessità del distillato, privandolo di molte caratteristiche primarie, ma aggiungendo sentori di vaniglia, spezie (pepe, cannella) e cioccolato.
Ancor più interessante, anche semplicemente per l’assoluta irreperibilità dei prodotti, è il caso delle azienda per ora assenti dal mercato italiano. Gli amanti dei toni forti e decisi, ad esempio, non potranno non apprezzare Hampden Estate Rum, distillato proveniente dalla Giamaica. Sin dalla presentazione della produzione, realizzata con fermentazione spontanea (metodo quasi scomparso per il rum) e con distillazione in pot still, si può infatti immaginare la complessità di queste bottiglie. L’ Hampden Estate Gold, in particolare, si presenta al naso molto erbaceo, con sentori minerali e metallici, mentre in bocca emerge, anche grazie al basso tono alcolico, un’anima quasi salmastra. E’ però l’Hampden Estate Fire, con tutta la

Hampden Estate Gold

Hampden Estate Gold

forza dei suoi 63°, la vera perla di questa azienda. Complesso ed intenso questo distillato emana forti profumi dati dal terroir e dalla canna utilizzata, mentre al palato acuisce le sensazioni precedenti, salino si ma anche decisamente aromatico (spezie e liquirizia). Dovendo però trovare l’azienda che maggiormente ci ha colpito la scelta ricade quasi necessariamente su Nine Leaves, una new entry giunta dalla terra del Sol Levante. Come per molti altre produzioni nipponiche anche questo distillato sembra esser stato pensato con l’obiettivo di creare un prodotto quanto più rotondo e bilanciato possibile. Per capirne meglio la natura e le caratteristiche è importante, innanzitutto, assaggiare Nine Leaves Clear, uno spirito bianco non invecchiato. Dal profumo morbido ma deciso questo rum richiama immediatamente alla mente tutti gli aromi caratteristici di un buon distillato di canna da zucchero, i sentori erbacei e quelli più minerali, mentre portandolo alla bocca rivela il suo animo forte e inteso, con un piacevole ricordo zuccherino. Il distillato, realizzato partendo da una canna da zucchero cinese trapiantata secoli fa nel sud del Giappone e lavorato in pot still (sotto suggerimento e consulenza scozzese), acquista mutevoli sfaccettature grazie a due

Il Nine Leaves Clear

Il Nine Leaves Clear

diversi tipi di invecchiamento in botte. Se si vuole provare a capire, in modo semplice ed immediato, quanto un legno di differente qualità influenzi aroma e gusto del prodotto finale non bisogna far altro che assaggiare, in parallelo, i due Nine Leaves Angel’s half, rispettivamente lavorati in botte nuove di rovere francese e rovere americano. Basta infatti avvicinare il naso ai due bicchieri per rendersi conto delle profonde differenze che li dividono. Nonostante la materia prima sia la stessa il risultato finale si apre a due mondi distanti, ognuno portatore del dna di origine delle botti. Il rovere francese dona infatti al Nine Leaves un bouqet più morbido e profumato, con ricche note floreali e toni dolciastri, per palati che amano un bere meno deciso, mentre la quercia americana, al contrario, conferisce al distillato un gusto più dolce ma deciso, carico di vaniglia, sentori di pasticceria, con punte di caffè e cioccolato. Assaporare questi due magnifici imbottigliamenti uno dopo l’altro, oltre ad essere un’esperienza unica, per ora, purtroppo, limitata allo ShowRum 2015, rappresenta una magnifica possibilità di sperimentare sulla propria pelle, o meglio sulle proprie papille, quanto complesso, difficile e articolato sia il mondo e il lavoro di un master distiller.

Giampiero

Dal cinema al whisky il passo può esser breve. Basta fare un viaggio in Scozia, perdersi magari nel cuore delle Highlands, e ritrovarsi a chiacchierare in un piccolo pub di Ullapool parlando di torbatura e imbottigliamenti. Nasce così una passione travolgente, girando l’Italia, l’Europa (e non solo) di degustazione in degustazione, di locale in locale... alla scoperta del meglio che questo universo può offrire. Cocktail preferito: Rob Roy Distillato preferito: Caol Ila 25 yo

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