The Gin MasterClass 2016 ­ Lezione 1: Plymouth Gin

Al The Gin Corner il primo appuntamento per The Gin MasterClass – The Alchemist. Ecco quello  che è successo, con Tommaso Tajé e il Plymouth Gin, mentre aspettiamo la seconda lezione  questa sera, con Mauro Lotti e Alex Frezza.

Metti un pomeriggio un esperto di gin e distillati insieme a un grande gin sul palcoscenico.  L’esperto si chiama Tommaso Tajé, il distillato in questione era il Plymouth. Il palcoscenico è  stato offerto dall’Hotel Adriano per la prima lezione delle ‘The Gin Masterclass – The Alchemist”.  Un mix di ingredienti (gin lovers, luogo dedicato, maestri della materia) che fortunatamente andrà  avanti ancora per altri appuntamenti già messi in calendario. Intanto, come si dice, ‘buona la  prima’, che proviamo ora a

Plymouth Gin al The Gin Corner

Plymouth Gin al The Gin Corner

raccontare attraverso le suggestioni offerte.

Sul bigliettino da visita di Tommaso Tajé c’è scritto: “Senior Luxury Consultant”. Una etichetta  importante, per un gin effettivamente di grande storia e blasone, se si vuole. Parla proprio Tajé,  dopo le presentazioni di rito di Patrick Pistolesi, del gin di Plymouth. Con un discorso lineare e  semplice, ma infarcito di parole e aneddoti preziosi, ci guida nel mondo del gin e della sua  degustazione. E’ affascinante la storia che racconta, anche perché il mondo che descrive è già  intessuto di una sua suggestione . Parliamo di marinai della Royal Navy, di monaci, di tradizioni  secolari, di Padri pellegrini. Il Plymouth Gin è protagonista di una storia che ha il sapore del  ‘vecchio’, inteso come tradizione, ma che si rivolge al moderno, per il successo costante di cui  ancora si può fregiare. Da 200 anni viene prodotto nello stesso alambicco. Dicono sia un po’  irregolare rispetto ai soliti, ma è proprio questo che gli offre quel suo carattere particolare.  Potrebbero sostituirlo per aumentare la produzione, ma nessuno intende farlo. Ecco cos’è  Plymouth. Sette botaniche, un ginepro ben presente, note fresche , di agrumi evidenti. Non è un  classico London Dry. E’ il Gin di Plymouth e basta. L’unico distillato ad avere una sua indicazione  geografica protetta (Igp). “Ci avevano provato i londinesi a farlo”, racconta Tajé, ma figuriamoci. In  un paese legato alle tradizioni, queste non si toccano, figurarsi se qualcuno intende ‘rubarle’.  Oggi, dunque, il ‘Plimouth Gin’ è una tipologia, e può essere solo quella fatta nella piccola  cittadina di Plymouth affacciata sul mare, anzi, più esattamente nella Black Friars Distillery  (l’unica oggi rimasta). Un ex convento dei frati domenicani, divenuto poi prigione e dal 1793  distilleria. Da allora non ha mai smesso di essere prodotto e di solcare i mari. E al mare questo  gin è strettamente legato e deve forse il suo successo. Le navi della Marina reale britannica  trasportano nelle stive casse di Plymouth sin da quando è nato. E “Quando la bandierina bianca e  blu di

Il Box di Plymouth Gin

Il Box di Plymouth Gin

Plymouth Gin è issata, significa che è il tempo del ‘Gin&Tonic’ per tutti”, offerto dai marinai,  spiega Tajé questa abitudine ininterrotta dagli anni Cinquanta. Al The Gin Corner è presente  proprio un box come quello delle navi inglesi. Un set completo – con tanto di bandierina ­ di tutti  gli occorrenti per fare un perfetto “Gin&Tonic”. In realtà le bottiglie che finiscono sulle navi  possiedono una gradazione alcolica maggiore e sull’etichetta campeggia la scritta “Navy  Strenght”. Da quel che si racconta, il gin veniva posizionato là dove c’era anche la polvere da  sparo. Allora, per evitare che questa potesse perdere funzionalità, se bagnata accidentalmente  dal gin, si iniziarono a imbarcare solo bottiglie con “gradazione da marina” (57°). Parlando di  Plymouth non si può non dire che c’è tanta storia anche nel packaging attuale. La bottiglia è stata  modificata in una forma un po’ più retrò, con il tappo in rame in ricordo dell’alambicco di rame  usato da circa due secoli. Al centro si vede una imbarcazione, è la Myflower, la nave dei Pellegrini  che salparono per il Nuovo mondo nel 1620, proprio dal porto di Plymouth. E pare che trascorsero  l’ultima notte nel convento dei ‘Frati neri’. Si intravede anche un monaco, chiaro riferimento al  convento/distilleria. Nella vecchia bottiglia era collocato nel retro dell’etichetta posteriore, visibile  ‘all’interno’ dunque. Da lì la storiella che quando i sandali del monaco erano asciutti, era segno  che si dovesse prendere una nuova bottiglia…

La degustazione

Come si degusta un gin? Liscio, bocca pulita, bicchiere tenuto a distanza di  20­/30 cm dal naso. Su consiglio di Tajé dopo col primo sorso apriamo la bocca per percepire  meglio tutti gli aromi. Il ginepro è evidente, come la parte alcolica. Le scorze degli agrumi fanno il  loro corso. Sul finale una punta di dolce dovuto all’angelica. Non rimane dunque il finale  amarognolo di un classico London Dry. Secondo

Un momento della degustazione

Un momento della degustazione

assaggio, le percezioni cambiano, si innestano  nuovi sapori. La lingua picca e il finale è sempre (forse ancora di più) dolce e persistente.  Per apprezzare meglio le caratteristiche del Plymouth, abbiamo tentato una comparazione,  degustando alcuni London Dry come il Beefeater 24. Più complesso, con le sue dodici botaniche.  Sicuramente il Tè e la polpa di pompelmo giallo gli conferiscono un gusto particolare. Il finale è  sicuramente più amaro. E il più classico Beefeater, “che racchiude tutto l’essenziale del gin”. La  tipologia London Dry “Taglia la lingua in maniera verticale, mentre il Plymouth lo faceva in  maniera orizzontale”, Tajé tenta con questa immagine di farci raggiungere la comprensione in  modo rapido.  Ultimo dettaglio non insignificante, anzi, il cibo. La vera chicca che quest’anno pare sarà la sfida  del The Gin Corner, sarà proprio il tentativo di abbinare il cibo col gin. Nel buffet offerto era  possibile ritrovare le botaniche presenti nel Plymouth. Un piccolo gioco per rendere ‘The  Alchemist’ più avvincente.

Il pubblico al The Gin Corner

Il pubblico al The Gin Corner

Il pubblico accorso al The Gin Corner ringrazia Tommaso Tajé per la ‘consulenza’ resa e il piccolo  viaggio narrato. Lui a sua volta ha ringraziato il Gin Act che imponendo una tassa di 50 sterline  sui produttori di gin, per limitarne la produzione e quindi i danni derivati per il dilagante alcolismo  in Inghilterra, “spinse gli stessi a produrre meglio. ‘Facciamolo bene, per farlo pagare di più, così  ci ripaghiamo le spese delle tasse’, questo il senso, che poi rappresentò l’evoluzione del gin”.  Tanto per capire a quali cifre si andava incontro, Tommaso ha fatto un paragone: “50 sterline di  allora corrisponderebbero a un appartamento in centro a Roma”.  E proprio in centro a Roma, vi invitiamo ad andare questa sera per il secondo appuntamento,  dedicato al “Martini Cocktail” attraverso le sue diverse declinazioni, con Mauro Lotti e Alexander  Frezza.  Buon Gin a tutti.

Per prenotazioni e informazioni: eventi@hoteladriano.com

La gallery della prima lezione, sulla pagina ufficiale Facebook del The Gin Corner (Foto di Andrea  Chiodi)

Gaetano Massimo Macrì

Martiniano. Bartender/giornalista. Insegnante di quello che – seppur in molti sembrano esserselo dimenticato – va sotto la voce di “American Bar”. Tradotto significa: esigente bevitore al bancone e miscelatore ignorante, perché, come scriveva un ‘collega’ degli anni ’30 del secolo scorso (Elvezio Grassi in “1000 misture”) l’essere un buon barman è “sapere quanto poco noi sappiamo”. Mi sembra un ottimo punto di partenza. Per questo motivo vado in giro per locali, alla ricerca del mio perfetto martini cocktail, nonché del mio bartender di fiducia. Un po’ Ernest Hemingway, un po’ David Embury, un giorno scriverò anche io una ‘bartender’s guide’ o qualcosa del genere. Infine, ma assolutamente non da ultimo per importanza, ecco alcune disposizioni per chi fosse interessato a farmi da bere. Colui che mi preparerà un buon Americano, avrà la mia simpatia. Colui che saprà costruirmi un Boulevardier degno di nota, otterrà la mia riconoscenza. Se, poi, non solo non disdegnerà un Old Pal, ma sarà in grado di equilibrarmelo nella coppetta, godrà di tutta la mia più profonda stima. Il martini, tuttavia, è un’altra faccenda.

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