World’s 50 best Bars 2016

Fasci di luce viola e rosse illuminano, nella notte, la facciata della “Christ Church Spitalfields”, una chiesa anglicana sconsacrata a due passi da Liverpool street, a Londra, mentre una lunga coda di persone si accalca per entrare: il bar festeggia i suoi World’s 50 best bars. Essere invitati ad una cerimonia tanto prestigiosa, in mezzo ai 476 votanti, selezionai fra i più importanti rappresentati di questo settore, è

La cerimonia di premiazione dei World’s 50 best Bars 2016

La cerimonia di premiazione dei World’s 50 best Bars 2016

un’esperienza unica. Giunti da ogni analogo del globo infatti, si ritrovano qui bartender e manager, brand ambassador e giornalisti, tutti con il fiato sospeso per il countdown. La cerimonia è rapida, asciutta, molto meno solenne di quanto l’ambiente e la scenografia potrebbero far pensare. Fra un cocktail ed una birra, offerte dagli sponsor che rendono possibile questa manifestazione, l’attesa della classifica è così molto breve; dopo pochi minuti di chiacchiere e pubbliche relazioni ecco apparire sul palco la sagoma di David Wondrich pronto ad annunciare i migliori cocktail bar del 2016.

Prima di scendere anche noi nel dettagli di questa classifica una prima occhiata d’insieme mostra subito quanto l’Inghilterra e gli Stati Uniti rappresentino ancora, con 24 locali (quasi il 50% dei locali), il vero cuore pulsante di questo mondo, che vede in Londra (9 locali in classifica) e New York (8 locali) le sue capitali. L’Europa è complessivamente il continente con più cocktail bar nella World’s 50 best bars 2016, con 22 locali selezionati, mentre non sorprende la buona presenza della’Asia (7 locali), con Singapore (questo si, forse, sorprende) grande protagonista, con ben tre locali nei primi cinquanta.

I World’s  50 best Bars 2016

Il Buck & Breck di Berlino

Il Buck & Breck di Berlino

Proprio come nel racconto di David Wondrich cominciamo anche noi la scalata dei World’s 50 best bars 2016 partendo dalla coda, dal cinquantesimo posto, ultimo disponibile per entrare nel Gotha del bar, occupato, quest’anno, dal celeberrimo speakeasy berlinese Buck & Breck, che pur perdendo posizioni mantiene ancora la sua permanenza nella lista. Rientra al 49° posto il Floreria Atlantico, locale di Buenos Aires nascosto all’interno di un negozio di fiori, che ci aveva personalmente colpito (qui l’articolo sul Floreria

Floreria Atlantico

Floreria Atlantico

Atlantico) per la qualità del locale e l’eterogeneità dei suoi clienti. Risalendo la classifica, al 45° posto, troviamo lo storico Please Don’t Tell (che avevamo inserito nel nostro tour di NY) di New York, padre dello “speakeasy style” contemporaneo che rappresenta, ancora adesso, uno dei must per chi cerca un buon cocktail nella Grande Mela. Due gradini più in alto, ma a molti chilometri di distanza, il Lost + Found (43°) rappresenta un vero gioiello approdato fra i grandi dalla piccola Cipro, preceduto di un soffio dal primo locale norvegese della storia dei World’s 50 best bars, l’Himkok di Oslo, una città la cui nuova vita (non solo eno-gastronomica) ci ha davvero entusiasmato. Fra la 40° e la 30° posizione trovano spazio anche i nostri due cavalli di razza, l’orami onnipresente Nottingham Forest di Milano (dieci anni consecutivi in classifica), che scala addirittura alcune posizioni piazzandosi 38°, ed il Jerry Thomas

Jerry Thomas Project

Jerry Thomas Project

Speakeasy di Roma, che conferma , nonostante i cambiamenti ed il passare del tempo, la leadership italiana. Sempre ispirato all’Italia, e ad i suoi aperitivi, è invece il Dante (34°), new entri newyorkese firmata da Naren Young, preceduto di un’incollatura da una delle più importanti nuove aperture dell’anno, l’Oriole (32°) di Londra. Quasi “nascosto” all’interno dello Smithfield Market, un vero e proprio mercato urbano, il nuovo cocktail bar di Luca Cinalli splende per i suoi spazi, a metà fra un diner americano ed un elegante sala europea, ed il suo magnifico banco. Sempre da Londra, ma frutto della creatività di Tony Conigliaro (insieme a Marco Arrigo), arriva al 30° posto,  il Bar Termini, un piccolo angolo di qualità italiana ai margini della caotica e tentatrice Soho. Scala la classifica Nico de Soto (di cui siamo curiosi di vedere la sua nuova avventura parigina, Danico) con il Mace (28°),

Nico de Soto al The Mace

Nico de Soto al The Mace

giusto una posizione indietro al ricco e colorato Lobster bar (27°) di Hong Kong (secondo rappresentante del piccolo Stato dopo il 41° posto del Quinary). 26° piazza per l’unico, e di conseguenza migliore, cocktail bar dell’Africa e del Medio Oriente, il Central Station di Beirut, magnifica creazione di Jad Ballout, che, anche grazie a collaborazioni altri impostanti cocktail bar, ha ottenuto un successo davvero meritato. Dopo aver preso fiato per una classifica giunta al giro di boa, ecco il Little Red Door, delizioso locale parigino in cui Remy Savage e compagni costruiscono le loro pozioni. Pur non brillando per calore ed accoglienza, questo caratteristico cocktail bar ha saputo avvicinare, dal punto di vista della miscelazione e della sua immagine, i migliori locali del mondo. Immancabile ed imprescindibile,

L'High Five di Hidetsugu Ueno

L’High Five di Hidetsugu Ueno

al 23° posto, l’High Five di Hidetsugu Ueno a Tokyo, fondatore di una vera filosofia del bar al centro di uno dei quartieri più intriganti del mondo. La nutrita pattuglia di Singapore si affaccia in classifica con il 21° posto dell’Operation Dagger, locale davvero imprendibile per chi transita in quella zona del pianeta.  Crolla invece al 19° posto, con una rapida discesa prevedibile visti i cambiamenti avvenuti, uno dei capisaldi della miscelazione contemporanea, il Nightjar di Londra, preceduto di un soffio dal caratteristico Tales & Spirits (18°) di Amsterdam, il cui palazzo, a due passi dalla ben nota Dam, vale da solo un passaggio. Dall’Olanda alla Francia, con il Candelaria di Parigi che si piazza 17°. Completate diverso per

Il Candelaria di Parigi

Il Candelaria di Parigi

stile ed atmosfera, con un clima conviviale caldo e vivace, dal precedente Little Red Door (i due locali sono letteralmente a due isolati di distanza) questo locale conferma la sua storica presenza nella lista, evidenziando quanto variegato e crescente sia il panorma della capitale francese. Si entra nelle posizioni calde con due locali orientali, lo Speak Low (15°) di Shingo Gokan a Shanghai ed il 28 Hong Kong Street  (14°) di Logan Demmy a Singapore. Tre premi in tre posizioni precedono questo duetto, la Licoreria Limantour (13°) di Città del Messico si aggiudica il premio come miglior cocktail bar latinoamericano, preceduto, al dodicesimo posto, dal The Baxter Inn di Sydney, miglior cocktail bar australiano, e dal Manhattan (11°), miglior locale asiatico, guarda un po’, di Singapore.

E’ una corsa ad eliminazione quella che parte con il decimo posto dell’Happiness Forgets, locale londinese

The Clumsies

The Clumsies

troppo spesso dimenticato (forse perché schiacciato da nomi troppo pesanti), anticipato di un soffio da meraviglioso The Clumsies (9°) di Atene. Il lavoro del team di questo locale, composto da Vasilis Kyritsis, Nikos Bakoulis, Lelos Georgopoulos, Thanos Tsounakas e Giorgos Kaissaris, ha contribuito a trasformare la capitale greca in uno dei palcoscenici più interessanti in fatto di miscelazione. L’ottavo posto è occupato dal Nomad bar, dell’omonimo hotel di New York, preceduto da uno dei locali, a nostro avviso, più interessanti e divertenti del panorama internazionale, l’Employees Only (7°): entrate e godetevi la festa. Il sesto posto va alla migliore new entry del 2016; annunciato come il locale dell’anno, forse più per la presenza di un totem della miscelazione contemporanea, Marian Beke, che per il reale livello raggiunto, il The Gibson si conquista il riconoscimento

The Gibson, migliore new entry del 2016

The Gibson, migliore new entry del 2016

di “Highest New Entry”. Quinta piazza per l’Attaboy di New York, preceduto da uno dei templi del cocktail, il Connaught Bar di Londra. Il bar dell’omonimo hotel, ora in mano ad Ago Perrone, che ha visto calcare il suo banco da alcuni dei più importanti bartender della storia, era dato da molti come il più papabile viciniore, tanto che la sua proclamazione a medaglia di legno è stata accompagnata da un coro di sorpresa e disapprovazione. Il Connaught Bar può essere considerato per certi versi l’emblema dello stile e dell’eleganza londinese, tutto infatti dalla clientela al servizio, dall’atmosfera alla drink list, rappresenta esattamente quello che ci si piò attendere da un cocktail bar di alto livello in questa città. A scalzare però questo cocktail bar dal podio, l’“Highest climber” del World’s 50 best bars 2016, un locale capace di scalare ben 47 posizioni in un anno, passando dal 50° al 3° posto della classifica: il Dandelyan di Londra. Dopo aver vinto il premio per il

Il Dandelyan di Londra

Il Dandelyan di Londra

miglior menù al Tales of Coktails di New Orleans, il cocktail bar dell’Hotel Mondrian, spopola anche in questa classifica, compiendo un salto inimmaginabile. Elegante e raffinato questo cocktail bar affacciato sulla riva del Tamigi sposa un’atmosfera fine ed amichevole con una cocktail list sofisticata e molto ricercata, che rivista i grandi classici con tocco di innovazione e ricerca (presentando il tutto in modo davvero accattivante). Se al terzo posto si piazza una vera sorpresa il secondo gradino del podio è occupato dalla Storia del bar, da quei pochi metri quadri che hanno segnato da sempre e per sempre questo mondo: l’American Bar del Savoy Hotel di Londra. Rinnovare un’istituzione non è mai facile, soprattutto se sei sullo Strand e ti chiami Savoy, ma il lavoro iniziato da Eric Lorincz, alla riapertura di questo bar nel 2010 dopo alcuni lavori, ha trovato oggi la sua giusta glorificazione, il secondo posto ed il premio come miglior bar d’Europa. E’ infatti americano il miglior bar del mondo; dopo due secondi posti che avevano lasciato l’amaro in bocca a Sean Muldoon e Jack McGarry (che avevo intervistato lo scorso anno) il Dead Rabbit (qui l’articolo sul locale) di New York trionfa ai World’s  50 best bars 2016. Locale discusso e non da tutti apprezzato questo “pub” (perché in

Jack McGarry e Sean Muldoon al Dead Rabbit

Jack McGarry e Sean Muldoon al Dead Rabbit

fondo di un particolarissimo pub irlandese si tratta) a due passi da Battery Park e dagli imbrachi per Staten Island ci ha, personalmente, impressionati. Un menù straordinario, graficamente meraviglioso, frutto  di ricerca ed applicazione, un servizio puntuale, cortese, simpatico e “leggero”, uno stile ed un’atmosfera calda e divertente, bella e conviviale, questa è stata la nostra esperienza al Dead Rabbit di New York. Ovviamente esser giudicati primi fra i primi non è facile e, com’è giusto che sia, il verdetto non è e non sarà mai unanime, ma , in questo caso, ci troviamo d’accordo con chi, degli oltre 700 votanti, lo ha espresso.

Giampiero

Dal cinema al whisky il passo può esser breve. Basta fare un viaggio in Scozia, perdersi magari nel cuore delle Highlands, e ritrovarsi a chiacchierare in un piccolo pub di Ullapool parlando di torbatura e imbottigliamenti. Nasce così una passione travolgente, girando l’Italia, l’Europa (e non solo) di degustazione in degustazione, di locale in locale... alla scoperta del meglio che questo universo può offrire. Cocktail preferito: Rob Roy Distillato preferito: Caol Ila 25 yo

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