A Natale beviamo un barolo, chinato. Alla prova un G.D. Vajra

Cercate un vino da dessert diverso dal solito? Provate il Barolo chinato. Da vino ‘medicinale’  dei contadini piemontesi a raffinato vino da fine pasto. Ancora una volta, per bere bene dobbiamo rispolverare la nostra tradizione.

Già il nome lascia intendere che ci troviamo nella zona delle Langhe. Più precisamente a Serralunga d’Alba, in Piemonte. In più, il Barolo in questione è chinato, ovvero presenta elementi ulteriori, quali appunto la corteccia di china calissaja, radice di rabarbaro, genziana e semi di cardamomo. Sono le principali ‘droghe’ lasciate in infusione per aromatizzare il vino di Barolo rigorosamente D.O.C.G., cui si aggiungono anche zucchero e alcool etilico. Dopo il processo di infusione, segue l’affinamento in botte per un anno circa. Dunque, si tratta di un vino aromatizzato, di cui ogni produttore custodisce gelosamente la ricetta. Fu inventato alla fine del 1800 dal farmacista Giuseppe Cappellano e ancora oggi, l’azienda che porta il suo nome, produce un eccellente Barolo chinato. Fu poi anche grazie a un altro produttore, Giulio Cocchi, che si diffuse più velocemente. Nebbiolo
Oggi sono diverse le etichette presenti in commercio. Per la nostra prova abbiamo assaggiato il Barolo chinato “G. D. Vajra”. I palati che ancora non conoscono il chinato, potrebbero rimanere sorpresi da questo prodotto. Non aspettatevi né un Barolo profumato, né un comune vino aromatizzato. Siamo fuori da entrambe le logiche. Certamente è più simile a un vermut o a un porto, ma la verità è che vive di ‘vita propria’, grazie al processo di ‘chinatura’. Il barolo chinato G. D. Vajra si presenta agli occhi con un bel colore rosso rubino. Al naso spicca già per il profumo delle sue erbe. Se si presta bene attenzione, si sentirà anche la scorza delle arance biologiche di Sicilia. Dopo il primo sorso, esplode nel palato in tutto il suo bouquet speziato. Le noti dolci e amare si rincorrono, regalando un gusto che non ti aspetti, in continuo divenire tra i due estremi. A parte le spezie citate in precedenza, per completare l’opera sono state selezionate decine di erbe delle Alpi piemontesi, soprattutto quelle con proprietà digestive, che lo avvicinano molto alla tradizione piemontese in cui era utilizzato come corroborante, per le sue proprietà digestive e da antipiretico. Un ottimo regalo da fare o da farsi fare a Natale, insomma, per lasciarsi trasportare indietro nel tempo, dai profumi e dai suoi effetti benefici, fino a ricordare quegli ‘speziali’ (erboristi/ droghieri) che nel medioevo erano preziosi quasi quanto i chirurghi.

Di strada il Barolo chinato ne ha fatta molta. Nato nella bottega torinese di Cappellano come prodotto medicamentoso, oggi sta tornando sugli scaffali di bar e enoteche, presentandosi come una valida alternativa ai vari Porto, i vermut e i tanti ‘vini liquorosi’ in commercio. Quando scriviamo ‘alternativa’ non si deve intendere una etichetta simile alle altre. Perché in questo caso il termine ‘Barolo’ offre una ‘nobiltà’ di cui gli altri non godono. La china, poi, bilancia le note aromatiche, consentendo un perfetto equilibrio tra il dolce e l’amaro. É proprio questa corteccia a caratterizzare il gusto e a diffonderlo inizialmente come ‘medicinale’.barolo_chinato Nella tradizione contadina piemontese, infatti, spesso veniva  bevuto caldo, a mo’ di un vin brûlé, come toccasana contro il raffreddore. Le spezie che contiene, lo rendono anche un perfetto digestivo. Ottimo se bevuto a temperatura ambiente, dunque, per concludere una cena natalizia. La gradevole persistenza aromatica e il gusto dolce e amaro lo rendono un buon prodotto da meditazione, nelle fredde serate invernali, magari davanti a un camino. Potrebbe diventare un rituale del buon bere casalingo che, ancora una volta, darebbe lustro alla nostra tradizione. Insomma, a Natale, quest’anno, beviamo di qualità, beviamo in stile italiano.

Scheda tecnica

Barolo chinato
Tipologia: rosso dolce
Vitigno: nebbiolo docg
Quantità: 75 cl
Alc.: 18%
Prezzo: 38,00 €.
Azienda: G. D. Varia Via delle Viole, 25 – Fraz. Vergne – 12060 Barolo (CN) – Italy www.gdvarja.it

Gaetano Massimo Macrì

Martiniano. Bartender/giornalista. Insegnante di quello che – seppur in molti sembrano esserselo dimenticato – va sotto la voce di “American Bar”. Tradotto significa: esigente bevitore al bancone e miscelatore ignorante, perché, come scriveva un ‘collega’ degli anni ’30 del secolo scorso (Elvezio Grassi in “1000 misture”) l’essere un buon barman è “sapere quanto poco noi sappiamo”. Mi sembra un ottimo punto di partenza. Per questo motivo vado in giro per locali, alla ricerca del mio perfetto martini cocktail, nonché del mio bartender di fiducia. Un po’ Ernest Hemingway, un po’ David Embury, un giorno scriverò anche io una ‘bartender’s guide’ o qualcosa del genere. Infine, ma assolutamente non da ultimo per importanza, ecco alcune disposizioni per chi fosse interessato a farmi da bere. Colui che mi preparerà un buon Americano, avrà la mia simpatia. Colui che saprà costruirmi un Boulevardier degno di nota, otterrà la mia riconoscenza. Se, poi, non solo non disdegnerà un Old Pal, ma sarà in grado di equilibrarmelo nella coppetta, godrà di tutta la mia più profonda stima. Il martini, tuttavia, è un’altra faccenda.

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