Intervista a Stanislav Vadrna

Stanislav Vadrna

Stanislav Vadrna

Incontrare Stanislav Vadrna dietro al banco è ormai cosa rara. Il bartender di origine slovacca, per sua stessa ammissione, dedica infatti la gran parte del suo tempo all’attività di formazione (con la scuola da lui fondata, l’ Analog Bartending Institute) e a quella di brand ambassador per Nikka. Proprio a margine di un corso svolto presso La Moderna a Roma, grazie alla spinta del padrone di casa Valentino Longo, si è però prestato per un paio d’ore di guest bartending, ore di cui abbiamo approfittato per realizzare una breve intervista.

Stanislav Vadrna, il tuo stile rappresenta un modello per molti giovani che si avvicinano a questo mestiere, puoi descriverci il modo in cui lavori?

Io non ho uno stile, quindi, per favore, non chiamatelo stile. Non mi servono né nomi, né titoli, né etichette per il mio “stile”. Quello che voglio fare io non è semplicemente soddisfare il cliente ma stupefarlo, tutto qui, niente di più e niente di meno. Finche riuscirò a stupire i miei clienti con il mio lavoro sarò a posto con me stesso. La mia ispirazione per il bartending proviene da molte diverse, come dire, emozioni; non posso affermare di fare una miscelazione giapponese, o ispirarmi all’american bar o al flair. Come ho detto non posso dare un nome alla strada che ho scelto di percorrere; è quella che è. Non credo all’idea stessa degli “stili”. Potrei dirti che per me l’unica strada, la mia strada, è nessuna strada. Non voglio chiudermi in nessuna scatola. Anche perché se ora ti dicessi, e tu scrivessi, che io lavoro seguendo, non so, lo stile giapponese, molti giovani bartender che mi seguono e ti seguono, inizierebbero solo per questo ad imitarlo. Sono sicuramente stato ispirato dallo stile nipponico, ma non sono giapponese e il mio bartending non è giapponese. Allo stesso modo sono stato ispirato dallo stile di New York, ma il mio modo di lavorare non è newyorchese… è un mélange.

Quali sono allora le radici del tuo bartending?

Se devo vedere delle radici nel mio bartending queste sono nell’idea di ospitalità europea. Sono cresciuto in una scuola di catering e da quando avevo quindici anni ho lavorato nell’industria del catering con l’obiettivo di andare a lavorare sull’Orient Express. Non sono mai riuscito ad andare a lavorare sull’Orient Express, ma ho portato con me, dall’oriente all’occidente, quello spirito.

Stanislav Vadrna e Nikka

Stanislav Vadrna e Nikka

Come si è sviluppata la tua carriera?

Nel 2002 stavo lavorando in un classico ristorante italiano di Bratislava, il “Paparazzi”, di cui, due anni dopo, diventai l’head-bartender. Nel 2006 il menù creato da me per quel locale vinse il premio per il miglior cocktail menù a Las Vegas. Nel 2007 ho ideato un altro menù che ha vinto, lo stesso anno, la stessa tipologia di premio al Tales of Cocktail. Nel frattempo, nel febbraio del 2006, avevo lasciato Bratislava per trasferirmi in Giappone, dove ero andato a studiare lo stile giapponese da Kazuo Ueda, il creatore dell’Hard shake. Posso dire di esser stato il primo europeo a studiare, direttamente in Giappone, i metodi di miscelazione nipponici. Quando sono tornato in Slovacchia, al “Paparazzi”, ho rivoluzionato tutto, non solo il menù o i cocktail, ma tutto quello che riguardava il mio lavoro, dal bartending al servizio perché ero stato profondamente ispirato da quanto avevo imparato in Giappone. Per me è importante poter condividere le proprie esperienze, non solo come bartender. Proprio per questa ragione ho avviato la mia scuola,  The Analog Bartending Institute, prima in Europa, poi negli Stati Uniti e in Asia. Portare la mia esperienza in giro per il mondo è quello che ho fatto dal 2006, girare le strade di tutto il pianeta, lavorare per Nikka in Europa come brand ambassador.

Parlaci della tua scuola

The Analog Bartending Institute non è una classica scuola di bartending, non insegno solo le ricette o le tecniche. Quello che cerco di trasferire durante i miei corsi è un metodo per rendere invisibili le tecniche, quello è il mio obiettivo. Solo in questo modo un bartender può lavorare con nonchalance, creando una sorta di stile senza sforzo. Tornando al mio stile senza stile, ecco posso dire che il mio è uno stile senza sforzo. Cerco di raggiungere questo obiettivo perché quando vedi un barman lavorare in questo modo quello che ti appare, da cliente, è solo magia. Questo si che ti rende attraente.

Come realizzi tutto questo?

Stanislav Vadrna a la moderna

Stanislav Vadrna a la moderna

Io non devo parlare di ciò che accade dietro al banco, devo solo farlo. Il mio messaggio per tutti i bartender è fregatevene di quello che dicono di voi, cercate di fare e dare sempre e solo il meglio di voi stessi. Oggi il mio meglio è questo, domani magari sarò migliorato e ieri forse ero peggiore, ma l’importante è che oggi questo è il mio meglio. Se devo pensare, fra tutte, quale sia la cosa che maggiormente mi ha influenzato del pensiero giapponese, sia come bartender sia nel privato, è il loro approccio al “momento”; l’idea che si ha un solo momento per vivere a pieno la propria vita perché  magari, l’attimo dopo, non ci sei più. Questo cerco di lasciare a tutti i ragazzi che frequentano i miei corsi: cercate di apprezzare ogni singolo momento. Una volta che ho capito questa cosa ho smesso di prendermi troppo sul serio. Prendo molto sul serio il mio lavoro, ma ho smesso di prendermi troppo sul serio, non lascio più troppo spazio al mio “ego”, e questo è un altro messaggio importante. Prima metti da parte il tuo “ego” prima la tua vita diverrà più facile, diverrai più felice. Tutto diverrà anche più spontaneo, anche il tuo

Stanislav Vadrna e Valentino Longo

Stanislav Vadrna e Valentino Longo

lavoro, sarai più spontaneo dietro la banco, più spontaneo parlando con i clienti, e, soprattutto, diventerai un ascoltatore migliore. La cosa più importante infatti per me è l’ospitalità. Non contano le nuove ricette, avere i bicchieri migliori o le bottiglie più rare, devi saper ascoltare il cliente.  C’è una frase, usata un po’ per tutto, che molti prendono come mantra: tratta il cliente come vorresti essere trattato. Ecco io penso che sia sbagliata. Io invece dico, tratta il cliente come vorrebbe essere trattato, non come tu vorresti essere trattato. Questo vuol dire essere in grado di comprendere il tuo cliente, e come puoi conoscere il cliente? solo ascoltandolo. In realtà non è niente di speciale, è solo come andrebbe fatto questo lavoro. Che tu sia un barman in un pub, inun cocktail bar, in un ristorante italiano, non conta, ovunque è uguale e così andrebbe fatto.

Se dovessi quindi lasciare un messaggio ai giovani barman italiani?

Il messaggio alla comunità dei bartender italiani è molto semplice: lo spirito dell’hosting è quando un cliente lascia il tuo locale deve sentirsi meglio, non deve far sentire meglio te. Il barman deve far star bene il cliente e curare i suoi bisogni, non il suo ego.

Giampiero

Dal cinema al whisky il passo può esser breve. Basta fare un viaggio in Scozia, perdersi magari nel cuore delle Highlands, e ritrovarsi a chiacchierare in un piccolo pub di Ullapool parlando di torbatura e imbottigliamenti. Nasce così una passione travolgente, girando l’Italia, l’Europa (e non solo) di degustazione in degustazione, di locale in locale... alla scoperta del meglio che questo universo può offrire. Cocktail preferito: Rob Roy Distillato preferito: Caol Ila 25 yo

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