BENTORNATO ROMA WHISKY FESTIVAL!

La prima buona notizia è che i grandi eventi hanno ricominciato a funzionare: fuori dal Salone delle fontane c’è una fila lunghissima, nonostante manchi più di mezz’ora all’apertura dei cancelli. Registrazione e controllo del green pass portano via un po’ di tempo, complice l’affluenza che è sorprendentemente alta. Nel 2019, ultima edizione prima della pandemia, gli stand rimasero pressoché inoperosi per diverse ore, prima che la rassegna decollasse nel tardo pomeriggio.

La seconda buona notizia sono le centinaia di visitatori da tutta Italia (e non solo): professionisti del bar ma anche tanti, tantissimi appassionati, a conferma che il nostro settore è più che mai in salute, e ansioso di tornare a vivere. D’altronde “Uisge beatha”, l’espressione gaelica poi contratta in whisky, voleva dire proprio “Acqua di Vita”. Solo coincidenze? Probabilmente sì.

I prodotti di Jack Daniel’s

I prodotti di Jack Daniel’s

Quest’anno rappresento Woodford Reserve Bourbon, punta di diamante di Brown-Forman, già proprietaria di un certo Jack Daniel’s. I due stand sono affiancati, ovviamente, e quello di “Zio Jack” viene preso subito d’assalto, vuoi per il blasone, vuoi per il merchandising senza rivali (magliette e zainetti andati rapidamente a ruba, gettonatissimi poi i cofanetti con bicchieri e fiaschette in omaggio) ma anche per le molte novità in scuderia. L’edizione celebrativa Legacy n° 3 va a impreziosire il parterre dei distillati, mentre sul fronte della liquoristica il colosso di Lynchburg cala il tris con Apple e Fire (cannella) che si aggiungono al collaudato Honey.

I grandi gruppi (Pernod Ricard e Diageo su tutti) la fanno da padroni, sul lato più lungo della sala, con i loro ampi allestimenti: veri e propri pop-up bar, con tanto di sgabelli e salottini, che fronteggiano gli slot centrali, più piccoli ma densi di referenze davvero interessanti, spesso uniche. Fra le molte degne di nota, vale la pena menzionare Lost Distilleries, un progetto che ha letteralmente riesumato sette distillerie Scozzesi chiuse da decenni, affidandosi ad esperti maestri distillatori per ricostruire il profilo aromatico del prodotto originario, e partendo esclusivamente dai documenti storici delle distillerie stesse. Incredibile anche solo pensarlo. Se è disponibile sul mercato italiano lo dobbiamo a di Michelangelo Di Toma, uno dei massimi esperti di whisky in circolazione.  E poi Westward, American Single Malt (una mosca bianca) invecchiato in botti di Birra Stout. Immancabili le eccellenze giapponesi, ormai una realtà consolidata, con Kamiki, che si distingue per affinamenti assolutamente singolari in legno di cedro e ciliegio, e Umiki, realizzato con acqua dell’oceano Pacifico desalinizzata. Francia, India, Svezia, Australia…Il panorama del whisky si fa sempre più internazionale. A rappresentare l’Italia, dopo l’esordio dell’altoatesino Puni, c’è Segretario di Stato Poli, invecchiato 5 anni in botti di Amarone, con la sua bottiglia dal collo stretto e allungato, ormai marchio di fabbrica dell’azienda di Vicenza.

Lo stand di Ardbeg

Lo stand di Ardbeg

Ardbeg invece propone una release speciale figlia di…un incidente. E’ il 2007 quando una caldaia che regola la temperatura di sei “washbacks” pieni di malto in fermentazione si blocca, e nello stesso momento a Bill Lumsden si blocca il respiro: è un Master Distiller esperto, e sa benissimo che il contenuto di quei tini sarebbe formalmente da buttare. Ma Bill è un ottimista, che nei problemi vede sempre un’opportunità (siate come Bill!). Decide allora di aprire i coperchi e lasciare che la natura segua il suo corso, fiducioso che l’aria salina di Islay farà la sua magia. E così dopo 13 anni di invecchiamento, grazie a quella manciata di (s)fortunati contenitori e alla fermentazione più lunga e tormentata mai vista nello stabilimento (tre settimane, contro le canoniche 72 ore), Ardbeg Fermutation entra a pieno titolo fra le grandi invenzioni della storia nate per errore, accanto alla dinamite e ai corn flakes. Come se non bastasse un simile storytelling, il Whisky ha un’etichetta davvero insolita, e conquista tutti. Se possedete una delle 8.000 bottiglie esistenti al mondo, resistete alla tentazione di venderla su e-bay, almeno per qualche anno.

Tra una degustazione e l’altra, è possibile seguire le numerose masterclass di settore con altrettanti esponenti nazionali e internazionali (Andrea Gasparri, Walter Gosso, Chris Hayes, Francesco Spenuso, Beppe Mancini, Fergus Simpson, solo per citarne alcuni… ) o assaggiare i cocktail dei ragazzi di oro Whisky Bar, o ancora una pinta di Guinnes spillata dalle sapienti mani di Stefano Carlucci (Le Bon Bock Cafè). Perché in fin dei conti, il Whisky è solo una birra che ci ha creduto fino in fondo…

Il ritmo è serratissimo e le 23 di sabato arrivano in fretta, il festival dovrebbe essere già chiuso, ma le persone stanno appena cominciando a defluire. Il rumore delle chiacchiere e delle risate lascia lentamente il posto al silenzio degli allestitori, tutti visibilmente stanchissimi, che impacchettano le rimanenze in vista del secondo giorno di manifestazione. Dario mi guarda mentre imballa l’ultima bottiglia di Jack Daniel’s: “Domani ci sarà il doppio della gente, per me ci massacrano”.

Entrambe le previsioni si riveleranno corrette.

©Foto: Lauren Caramico

Giordano è un Trainer Bartender di Flair-Project. L’articolo è stato gentilmente preso dalla pagina social Flair Project Community

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Giordano Cioccolini

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