RWF 2022: il ritorno

Roma Whisky Festival 2022: il ritorno. Ci sembra la giusta sintesi dell’evento romano, al Palazzo delle fontane dell’Eur. Un ritorno che si lascia alle spalle, o così vorrebbe, mesi di impedimenti forzati. Un ritorno, dunque, atteso, voluto e premiato dai visitatori. Il messaggio è inequivocabile: c’è voglia di rientrare nella normalità persa per i motivi che sappiamo tutti. La coda di gente già nella prima ora di apertura testimonia questo. Non già la voglia di scoprire le novità del mercato, la bottiglia da comprare, ma piuttosto a prevalere è stato proprio il desiderio di tutti di esserci, finalmente, nonostante tutto. Una boccata d’ossigeno che fa bene allo spirito. Avevamo bisogno di ritrovarci ancora una volta tra gli stand, assaporare quella confusione, il brusìo che a fine serata ti fiacca ma lascia soddisfatti.

La folla al Palazzo delle fontane

La folla al Palazzo delle fontane

Le donne presenti in gran numero sono una ulteriore testimonianza di come il whisky, sotto tutte le sue declinazioni geografiche e di tipologia produttiva, piace. (Ne trovate una disamina esaustiva in questo articolo).

Sono finiti i tempi del whisky maschio senza raschio, il distillato è nobile, ma non piace solo ai vecchi. Oggi c’è una fetta di mercato che può contenere consumatori giovani, curiosi, appassionati e semi-esperti, da conquistare. Se da un lato ci sono i giganti iconografici che continuano a riconfermarsi (vedi su tutti Jack Daniel’s), dall’altro troviamo operazioni ‘fresche’ per nuovi palati. Il Kamiki, primo whisky al mondo con finitura in botti di cedro giapponese; il Kumiki “Ocean Infused”, che attinge dalle acque sapide del Pacifico; c’è lo storytelling che piace ai millennial (ci si potrebbe produrre un podcast) della famiglia di visionari come i Rozelieures, che nella loro fattoria francese controllano l’intero processo produttivo: dalla materia prima all’invecchiamento è tutto fatto in casa; c’è, ovviamente, anche quel mondo classico che rimanda alla Scozia, patria elettiva, da dove provengono etichette arcinote, ma anche vere chicche, come i “family cask” di 20 anni della Glenfarclas, Speyside, unica distilleria al mondo con alambicchi a fiamma diretta, proprio come si faceva ai tempi di William Wallace.

Roma Whisky Festival

Roma Whisky Festival

Insomma, uno festival per grandi cultori, ma con uno sguardo al nuovo, che ha funzionato, anche contro qualche previsione prematura. A meno di un quarto d’ora dalla partenza il mood era: “Siamo a Roma, c’è il sole, è sabato. Pomeriggio gioca la Maggica. La gente prima esce, va al mare, ai parchi o alla partita e poi viene qui”. Oppure: “sarà una edizione minore, vuoi per il covid, vuoi per la scarsa pubblicità”. E invece, quando poi la realtà ha rovesciato il pronostico: “beh, dai, è ovvio, non si vedeva l’ora, c’è proprio voglia di ritornare a tutto questo”. Lasciamo i pronostici a chi di dovere, valutiamo i fatti. E i fatti dicono che il whisky si è ben radicato nella cultura del buon bere tra vecchi e giovani bevitori, che probabilmente dopo la gin craze 2.0, il uisgebeatha ha imboccato il suo momento.

Infine, una nota di servizio: l’industria del bar che è notoriamente collegata al divertimento, ha creato una campagna social di solidarietà per l’Ucraina, raccogliendo fondi da donare all’Unicef (hashtag #makedrinksnotwar).

©Foto: Lauren Caramico

Gaetano Massimo Macrì

Martiniano. Bartender/giornalista. Insegnante di quello che – seppur in molti sembrano esserselo dimenticato – va sotto la voce di “American Bar”. Tradotto significa: esigente bevitore al bancone e miscelatore ignorante, perché, come scriveva un ‘collega’ degli anni ’30 del secolo scorso (Elvezio Grassi in “1000 misture”) l’essere un buon barman è “sapere quanto poco noi sappiamo”. Mi sembra un ottimo punto di partenza. Per questo motivo vado in giro per locali, alla ricerca del mio perfetto martini cocktail, nonché del mio bartender di fiducia. Un po’ Ernest Hemingway, un po’ David Embury, un giorno scriverò anche io una ‘bartender’s guide’ o qualcosa del genere. Infine, ma assolutamente non da ultimo per importanza, ecco alcune disposizioni per chi fosse interessato a farmi da bere. Colui che mi preparerà un buon Americano, avrà la mia simpatia. Colui che saprà costruirmi un Boulevardier degno di nota, otterrà la mia riconoscenza. Se, poi, non solo non disdegnerà un Old Pal, ma sarà in grado di equilibrarmelo nella coppetta, godrà di tutta la mia più profonda stima. Il martini, tuttavia, è un’altra faccenda.

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