CRONACHE DISORDINATE DI UN BAR TOUR IN FUGA DA OMICRON: IL BAR TRA PIACERI E DISPIACERI DELLA VITA, A FIRENZE E VENEZIA. PT2

Il martini più improbabile

Su una barca, al buio, con una coppa in mano a notte fonda. Bevute straordinarie, bicchieri rotti, la nebbia che avvolge, per la fine della prima delle due serate del nostro bar tour a Venezia

(segue) La nostra fuga di mezzanotte dalla festa dell’Aman è una necessità. Come direbbero gli esperti, è la nostra risposta adattiva nella logica della competizione tra gruppi. Il nostro modo di rafforzare l’identità e l’unione, oltre che la sicurezza. E’ proprio in periodi pandemici che un gruppo prende le distanze dai costumi altrui. E questo accade senza cercare di capire quali siano in realtà i comportamenti migliori da tenere. Ognuno pensa di salvare se stesso. E in quel momento, la nostra salvezza sembra essere la pittoresca fuga in barca. Come se gli echi del covid non possano seguirci anche lì.

Il martini all'hotel Experimental

Il martini all’hotel Experimental

La barca procede spedita ma non troppo. In quella lunga notte veneziana, impareremo che l’equilibrio è fondamentale, per mantenersi saldi e sicuri. Svariate volte abbiamo rischiato di romperlo. Tornando alla barca, ognuno ha una coppa martini vuota e ognuno attende l’apertura della vodka, come neonati che aspettano il cibo. L’aria fredda brina i bicchieri, ma aggredisce le dita, che si muovono incerte e inefficaci sul tappo. Ogni tentativo di apertura che va in fallimento, abbassa l’autostima e allontana il sogno di ‘martinizzarsi’ in quelle condizioni uniche ed estreme. Rotti gli indugi, si passa finalmente al versaggio. E lì vale solo un ‘buona la prima’. Non puoi sprecare liquido, né far cadere il bicchiere. I nove martini a bordo dell’imbarcazione, nel cuore della notte, risvegliano vari istinti, quello di sopravvivenza di sicuro. Di sopravvivenza del e per il martini, da cui però dipende anche la sopravvivenza di ciascuno. Come si dice: ci aiutano più i vizi a vivere che le virtù a morire. Manca il vermut, ma ci ‘accontentiamo’ dell’aria umida della laguna, sarà lei a sporcare il cocktail. E’ il martini più imprevedibile dell’anno, ce lo godiamo fino all’arrivo al punto di attracco dell’hotel Experimental. 

L’ultima guest della giornata è all’interno del suo piccolo bar. Qualcuno rimane fuori, sfidando la nebbia e il freddo, altri si avventurano nel calore eccessivo del locale, altri ancora entrano ed escono carichi di bicchieri. Se ne rompono diversi, a ogni tentativo di fare cin (a proposito di equilibri…). Il vetro cade a terra celato dal caìgo che avvolge l’enorme imbarcazione sul molo di fronte. Dicono appartenga ai Della Valle. Non sia mai che Diego abbia desiderio di un martini in compagnia. E se salissimo su a proporglielo? No, con il Covid vieteranno agli estranei anche di avvicinarsi. Già, il Covid, ogni tanto ritorna nei pensieri, ma per quella sera, anche vista l’ora, rientriamo in stanza. Domani sarà un altro giorno. 

La vista della terrazza Mencarelli

La vista della terrazza Mencarelli

In effetti il giorno seguente è una cartolina diversa di Venezia. Il sole è alto, l’aria è tersa e possiamo ammirare il panorama dal terrazzo di casa della Mencarelli. L’appuntamento è a mezzogiorno. Un tavolo di salumi tagliati a mano al momento e un angolo bar con Bruno Iaconis al tuo servizio, sono il plus che ti rifocillano quanto basta per recuperare le energie. Con Bruno condividiamo l’amore per i sigari. Infatti ogni occasione di vedersi è buona per condividere informazioni ed esperienze. Ci scambiamo un puro e ci dedichiamo alla sola cosa che pare contare per tutti, adesso: il panorama. 

 

La vista su riva degli schiavoni è unica, Venezia così ci sembra meno decadente, ma il caìgo in lontananza ci ricorda che anche oggi sprofonderemo nelle nebbie.

Qualcuno parte per un tour dei bar storici della città, Pistolesi si butta tra le braccia del fantasma di Hemingway all’Harry’s, mentre noi andiamo nel fondaco dei tedeschi, dove Lucas Kelm ci accoglie in uno dei suoi ultimi giorni di lavoro da Amo. Il suo regalo di commiato è la vista dal tetto della struttura. Peccato per la nebbia, dice lui, restiamo comunque impressionati. Non sembra Venezia, ma Gotham City. Cerchiamo la luna nel cielo e il segnale di Gordon per Batman. La città si presterebbe come sede anche temporanea di un supereroe. E a qualche super potere pensiamo noi ora, guardando la tabella di marcia. Ci attendono almeno altri quattro locali, con altrettanti martini, prima della cena. 

Caffè Florian

Caffè Florian

All’ora del tè siamo al Quadri. Fa sempre parte del gruppo Alaimo, che possiede Amo. Però il martini qui dentro ha il retrogusto della storia. La struttura risale al XVII secolo e con la nuova ristrutturazione di Philip Stark si è ringiovanita senza perdere il fascino di una volta. Il martini è perfetto, staremmo volentieri al minuscolo bancone ma dobbiamo attraversare la piazza di San Marco. 

Ore 17:30, il caffè più antico d’Italia, il Florian. Lo conosciamo per nome, lo abbiamo testato per qualche colazione da turista, ma per il resto è un mistero. Come sarà il suo martini? Spesso bar blasonati tralasciano innumerevoli dettagli sul bere miscelato. Non è questo il caso. Nel caos delle comande, il barista non si scompone e ci prepara un martini perfettamente gelato. Venezia, che già avevamo eletto a città martiniana, ci sta sorprendendo. 

L'Arts Bar al St. Regis

L’Arts Bar al St. Regis

La tappa successiva è al bar del St.Regis, dove il bar managar Facundo Gallegos ci accoglie con la consueta ospitalità. L’esperienza ci ha insegnato che le maratone di questo tipo si affrontano se eviti momenti di stallo ma alle soste brevi sono necessarie quelle appena più lunghe. Decidiamo quindi di rifiatare. Ritroviamo, dietro alla mascherina di ordinanza e a un occhiale fuori dal comune, Alessandro Pellegrini, che continua l’arte di famiglia dopo il padre Roberto. Lo staff è in gran forma, il restyling del bar che fu del maestro Giorgio Fadda ha cambiato i connotati, non si può dire che sia lo stesso, anzi. E forse è giusto così. Soprattutto ora che non c’è più Giorgio. Ricordiamo ogni volta che mettiamo piede qui dentro di quella volta in cui, da perfetti sconosciuti, affamati, ci rimpinguò di sandwich e martini. Un vero signore. Adesso però siamo nella casa di Facundo e gioiamo delle sue cure. Una serie di piccoli martini per scaldarci, poi assaggiamo la nuova drink list. Il tempo in cui soggiorniamo al bar è come una piccola bolla che ci isola dal mondo esterno, mentre al suo interno accade di tutto, rapidamente. Tuttavia a noi il ritmo con cui tutto si muove appare lento. Hai modo di bere svariate proposte, di fare chiacchiere con il vicino di banco, mentre osservi i ragazzi che producono cocktail su cocktail con eleganza e rapidità; curi le pubbliche relazioni che sono il sale del tuo mestiere. In fondo il bar è questo, una ventata di varia umanità che ti passa davanti senza che tu la possa fermare. Puoi limitarti a guardare, a fare parte di conversazioni, a continuare a chiedere un martini per trovare la tua sistemazione nella serata. Sei nel ventre di un animale, quello che vuoi è non essere digerito tanto presto. 

Marino Lucchetti

Marino Lucchetti

Lasciamo il calore intimo e accomodante di quelle profondità per chiudere la serata al Londra Bar, dal nostro Marino Lucchetti. Quando ci porta i martini, nonostante sia ormai l’ennesimo per il palato, capiamo quanto si sia meritato il premio come migliore esperienza martini alcuni anni addietro, della nostra guida Blueblazer. Lo conosciamo bene, ma ogni volta che lo riproviamo è un piacere che non sappiamo spiegare. Forse c’entra quella sera in cui siamo rimasti ‘bloccati’ al suo bancone, a causa di un forte diluvio. Siamo andati avanti a martini ma non solo, per ore. Abbiamo scoperto doti che non conoscevamo di Marino, le meraviglie del suo Americano e del Mojito fatto con un piccolo segreto che lo rende fresco e unico. C’è gente, per fortuna, che ben lungi dalle illusioni delle classifiche, lungi da certe mode temporanee, pur lavorando in un bar di hotel dove tutto sembrerebbe identico, dove il cliente è di quelli che non pretendono stravaganze, si diverte a miscelare con cura, a inventare, a innovare, senza eccessi, mantenendo determinati equilibri, come Marino, appunto, o lo stesso Walter Bolzonella del Cipriani, che purtroppo è chiuso e non lo visiteremo. 

Torneremo volentieri, come sempre, a Venezia, da Walter e da tutti. Per ora lasciamo una città avvolta nelle nebbie, che ci ha fatto vivere esperienze alla Hemingway, dove abbiamo ritrovato amici e scoperto posti sicuri per un buon martini. Rientriamo a Roma, apprendendo dei numerosi casi di positivi della week. Ma come? Panico. Nessuno si è accorto? Panico. Tutto è accaduto all’improvviso? Panico.

 

Panico è il sentimento che ci siamo trascinati nei giorni successivi. Ci resta il ricordo di un viaggio surreale, un po’ avvolto dalle nebbie, a bassa intensità. Non siamo del tutto pronti – per lo meno nel nostro piccolo universo liquido – all’era delle pandemie. Una cosa l’abbiamo imparata: in caso di pericolo, tirare i remi in barca, ma non prima di assicurarsi che a bordo ci sia l’occorrente per un buon martini. 

 

Gaetano Massimo Macrì

Martiniano. Bartender/giornalista. Insegnante di quello che – seppur in molti sembrano esserselo dimenticato – va sotto la voce di “American Bar”. Tradotto significa: esigente bevitore al bancone e miscelatore ignorante, perché, come scriveva un ‘collega’ degli anni ’30 del secolo scorso (Elvezio Grassi in “1000 misture”) l’essere un buon barman è “sapere quanto poco noi sappiamo”. Mi sembra un ottimo punto di partenza. Per questo motivo vado in giro per locali, alla ricerca del mio perfetto martini cocktail, nonché del mio bartender di fiducia. Un po’ Ernest Hemingway, un po’ David Embury, un giorno scriverò anche io una ‘bartender’s guide’ o qualcosa del genere. Infine, ma assolutamente non da ultimo per importanza, ecco alcune disposizioni per chi fosse interessato a farmi da bere. Colui che mi preparerà un buon Americano, avrà la mia simpatia. Colui che saprà costruirmi un Boulevardier degno di nota, otterrà la mia riconoscenza. Se, poi, non solo non disdegnerà un Old Pal, ma sarà in grado di equilibrarmelo nella coppetta, godrà di tutta la mia più profonda stima. Il martini, tuttavia, è un’altra faccenda.

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