I bar ci provano: le istituzioni ci ascoltino

A un anno dallo scoppio della pandemia alcune delle associazioni di settore chiedono di essere ascoltate, “non vogliamo essere il problema, ma partecipare alla sua soluzione”, da IHN ai locali di Piazza delle Erbe a Genova

Protesta l’Italia dei ristori, dei ristoratori e di tutto il settore dell’ospitalità. Gli animi non sono sereni, perché la situazione è difficile, perché la pandemia perdura, perché la salute è a rischio e il rischio che i soldi non bastino è reale. Il “popolo della notte” vuole vivere e va alla ricerca di possibilità di sopravvivenza, aggirando l’ostacolo. E forse “popolo della notte” è un’altra sintetica espressione tanto cara ai media, come la famosa “movida”, che dovremmo dimenticare, in primis noi che ci occupiamo di comunicazione di questo mondo liquido. Le ragazze e i ragazzi che lavorano nelle strutture alberghiere, nei ristoranti, nei bar e in tutta la filiera coinvolta dall’industria di settore, da un po’ di tempo ormai chiedono, con voce forse ancora fin troppo silenziosa ed educata, di essere ascoltati e non etichettati. Per questo ci tengono a essere distinti da alcune manifestazioni che – vedi il recente caso di Roma davanti a Montecitorio – passano agli onori delle cronache come atti di violenza. I tafferugli romani rischiano di offuscare le voci migliori, per questo proviamo a dare loro la giusta visibilità.

Le piazze romane, vuote

Piazza delle Erbe, vuota

Ci riferiamo in particolare a Genova, con i locali di Piazza delle Erbe e all’associazione Italian Hospitality Network (IHN).
Partiamo dai primi. E’ Giulio Tabaletti, del Gradisca Cafè di Piazza delle Erbe, che ci comunica l’iniziativa nata dalla collaborazione dei locali della storica piazzetta del capoluogo ligure. Dopo un anno di pandemia, dopo che i bar si sono attrezzati per il rispetto delle norme, compiendo anche investimenti ingenti, a oggi le attività accumulano solo debiti. Quello che chiedono è riassunto in uno slogan: “Vogliamo solo lavorare. Vogliamo lavorare in sicurezza”, che è, sottolineano, sicurezza per loro stessi, per i dipendenti e per i clienti. Il comunicato redatto dal movimento genovese precisa che tutti hanno contezza dell’estrema difficoltà in cui versa l’intero Paese, “ma in questo momento ci troviamo a gridare alla nostra emergenza: ci troviamo schiacciati dentro a un paradosso normativo che alimenta solo tensioni”. Conoscono le regole e nessuno intende infrangerle, tutt’altro. Valutano vie percorribili nel rispetto della salute pubblica. “Ci chiediamo perchè non si possa pensare di utilizzare i tavolini all’aperto, in totale sicurezza e controllo, anche durante la zona arancione”. E invece, di fronte a un muro di gomma, al silenzio istituzionale, si sentono il capro espiatorio di una politica che li ignora, da qui il lancio di una iniziativa, per mettersi in luce e farsi sentire, vedere, per proporre soluzioni insieme. Per la tutela dei locali, mettendo sempre al primo posto la sicurezza per garantire la salute. A partire dal 7 aprile le loro attività rimarranno aperte dopo le 18:00. Serrande alzate, ma senza effettuare alcun servizio di asporto, nel rispetto della legge. Solo luci accese. Un modo per illuminare meglio il vuoto di una piazza solitamente viva, e per ricordare ai pochi passanti che loro ci sono, come sempre. Le porte sono aperte. “Vogliamo essere parte della soluzione, non vogliamo inutile assistenzialismo e non vogliamo essere un problema”.

Anche IHN a Roma è sulla stessa lunghezza d’onda. Si chiede il dialogo con le istituzioni, anche se spesso si fatica a bussare e a trovare aperto. “L’idea che stiamo portando avanti, infatti, è quella di andare a discutere porta a porta, noi stessi con chi finora non ci ha voluto ascoltare. Senza aspettare le lunghe trafile burocratiche”, ci spiega Francesco Spenuso membro dell’associazione. Come si dice: se Maometto non va alla montagna… Questa inversione delle procedure ha un senso. “Un appuntamento con Ama porta via dai 4 ai 6 mesi. E noi di tempo non ne possiamo perdere così tanto. Per questo andremo noi da loro, e non ci muoveremo finchè qualcuno non ci avrà dato parola”. Si parla di Ama – da cui a Roma dipende la tassa sui rifiuti – come anche di altre realtà, vedi l’Inps, con cui si tenterà di dialogare sulle casse integrazioni. “Abbiamo ben chiaro in mente quali sono i veri problemi da affrontare. Ogni mese ci ritroviamo di fronte alla solita problematica dei costi fissi. E sono problemi che alla lunga, in questa situazione delicata, fiaccano lo spirito, irritano gli animi. Per questo al nostro bussare alla porta non possiamo più

Bar e ristoranti chiusi

Bar e ristoranti chiusi

accontentarci del classico ‘le faremo sapere’, magari con una mail”, dice Spenuso. Insomma, posizioni più ferree e nette, si osa maggiormente, rispetto alle iniziative precedenti. Muso duro ma con correttezza. Il dialogo che IHN ricerca è quindi volto: 1) a chiedere a istituzioni e autorità l’abbattimento/riduzione dei costi fissi; 2) a far luce sulle problematiche che deve affrontare l’imprenditoria di settore. Senza dimenticarsi dei dipendenti in cassa integrazione. “Altro punto che ci preme discutere è il sostegno alle perdite, che va ribilanciato”, sottolinea Spenuso. I blitz, organizzati insieme a Roma Più Bella e Ristoratori Uniti, si svolgeranno sempre alle 9:30, a cominciare dall’Ama il 7 aprile e Inps il 9. Ad Ama si intende chiedere che venga decurtata la quota variabile in relazione alle perdite di fatturato. Con l’Inps, oltre a discutere dei pagamenti puntuali della cassa integrazione, si parlerà del blocco del Durc e di un nuovo piano di rateizzazione che dovrebbe entrare in vigore quando la pandemia sarà finita. La questione degli affitti è demandata a un tavolo di confronto che si vuole aprire con Confedilizia (in data ancora da stabilirsi). Tutti questi singoli blitz sono propedeutici alla manifestazione di martedì 13 aprile, a Roma, “Una volta per Tutti! La marcia dei lavoratori”, evento privo di ombrelli politici, che intende raccogliere il disagio sociale che, se non controllato rischia sempre di offrire il terreno fertile agli estremismi politici. Il viso affaticato, ma onesto e pulito di questi ragazzi, non merita di raccogliere i suoi frutti amari. Il confronto civile messo in atto con le istituzioni non sarà facile. E il governo si muove con molta cautela. Sulle riaperture anticipate sembra seguire una strada univoca, che non mostra alternative: aspettare e vedere. Capire l’evoluzione del quadro pandemico e poi scegliere. Valutando sempre da un lato i rischi per la salute e nei limiti del possibile concedendo maggiori libertà a bar e ristoranti, con orari di chiusura da far slittare, massima distanza consentita tra i tavoli, ecc. Insomma, essere aperturisti ma con prudenza.

E forse, quando la paura è così reale e il futuro ancor più buio, non rimane altro che accendere la luce. Sperando che la prossima volta possa illuminare piazze piene.

Gaetano Massimo Macrì

Martiniano. Bartender/giornalista. Insegnante di quello che – seppur in molti sembrano esserselo dimenticato – va sotto la voce di “American Bar”. Tradotto significa: esigente bevitore al bancone e miscelatore ignorante, perché, come scriveva un ‘collega’ degli anni ’30 del secolo scorso (Elvezio Grassi in “1000 misture”) l’essere un buon barman è “sapere quanto poco noi sappiamo”. Mi sembra un ottimo punto di partenza. Per questo motivo vado in giro per locali, alla ricerca del mio perfetto martini cocktail, nonché del mio bartender di fiducia. Un po’ Ernest Hemingway, un po’ David Embury, un giorno scriverò anche io una ‘bartender’s guide’ o qualcosa del genere. Infine, ma assolutamente non da ultimo per importanza, ecco alcune disposizioni per chi fosse interessato a farmi da bere. Colui che mi preparerà un buon Americano, avrà la mia simpatia. Colui che saprà costruirmi un Boulevardier degno di nota, otterrà la mia riconoscenza. Se, poi, non solo non disdegnerà un Old Pal, ma sarà in grado di equilibrarmelo nella coppetta, godrà di tutta la mia più profonda stima. Il martini, tuttavia, è un’altra faccenda.

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