Il Bootleg fa boom

I drink pop di un locale pop, con i più alti consumi di gin e tonica in Italia. Così il Bootleg ha spostato il baricentro di un quartiere (saliti qualità del bere e valore casa)

Al Bootleg è un giovedì che sembra un sabato. Con un po’ di fortuna trovo posto al bancone, tiro fuori il taccuino e cerco di scambiare due chiacchiere con Davide Cimaglia (uno dei soci) per farmi raccontare il nuovo menù appena uscito. Davide, da grande barman quale è, cerca di dedicarmi del tempo anche se è indaffaratissimo, ma è più facile a dirsi che a farsi.

Daft Punch

Daft Punch

“Ma che sei un giornalista?” Sì intromette il mio vicino di sgabello, “Chiedi a me, so tutto di questo posto”.
Raffaele è un cliente affezionato, e da sempre vive a Montesacro, la periferia di Roma con il più alto tasso di vita notturna. “Adesso è così, ma prima di loro non c’era granché, giusto qualche localetto”, mi racconta mentre sorseggia un drink non meglio specificato. “Non lo so cosa sto bevendo, tanto qui è tutto buono”.
Gli chiedo da quanto frequenta il Bootleg: “Dal primo giorno, è stato subito amore. Non sai quanto hanno contribuito a far crescere la zona. Se dico alle persone che abito da queste parti, vanno in visibilio, ma che ne sanno com’era prima? Sono stati loro a dare il via al movimento, tutti gli altri locali che hanno aperto negli anni a viale Gottardo gli devono molto. E anche io: casa mia, adesso vale il doppio”.

Gli fa eco Veronica, che mi racconta di come il baricentro del quartiere si sia spostato. “Quando ero più piccola non c’era un vero punto di riferimento. Si stava in su una panchina, a bere birra, o si andava nei baretti vicino a Piazza Sempione. Io poi sono stata via dal 2015 fino allo scorso anno, e ho trovato una Montesacro profondamente cambiata. Adesso questa parte è molto viva, e c’è un’offerta di locali veramente ampia, dall’aperitivo veloce, al ristorante gourmet”. Però se vuoi bere un buon cocktail, sottolinea, “Il Bootleg è il posto dove andare. Io solitamente se entro in un bar siedo al tavolino, ma qui l’atmosfera è talmente bella che scelgo il bancone. E poi è vicino casa, perfetto per me che non amo andare in centro, troppa confusione”.

Il nuovo menu

Il nuovo menu: twist on people

Mentre lo dice, alle nostre spalle parte un boato. Sono gli amici di Rocco e Vincenza, futuri sposi freschi di promesse, che festeggiano. Mi unisco al brindisi e chiedo la data del matrimonio. I due si guardano, esitano, sembrano non ricordare, o sono troppo emozionati, e per deformazione professionale mi scappa la tipica frase che si pronuncia davanti a un cliente indeciso: “Faccio io?”. La battuta cade nel vuoto anche perché vengo avvicinato da Alì, con il suo campionario di accendini, portachiavi, collanine, e quando provo a strappargli una dichiarazione, lui prova a vendermi un portafortuna, riuscendoci. Mentre aspetto che Davide e Daniele Protasi (l’altro socio) riescano a staccarsi un attimo, assaggio un paio di proposte dal menu, coloratissimo, dal claim “twist on people”, perché i drink sono ispirati a personaggi celebri (Daft Punch, Letizia Castagna, Sonny e Cherry, Muoviti Tranky Panky) con tanto di illustrazioni in stile pop art. I nomi non sempre suggeriscono qualcosa sugli ingredienti o sulla tipologia di cocktail (a meno di non essere avvezzi alle terminologie di settore) ma strappano agevolmente un sorriso e, in quest’epoca di signature list inzeppate di informazioni poco accessibili su prodotti e tecniche (la metà dei clienti non sa cosa ci sia nel bicchiere, figuriamoci se conosce il rotavapor), tolgono l’ospite dall’imbarazzo di una scelta che non è più dettata solo dal gusto, ma dall’istinto e dalla curiosità. “È il nostro approccio” spiegano Daniele e Davide, che nel frattempo sono riusciti a raggiungermi sgattaiolando via dalla postazione: “Ironico, a volte dissacrante, ma alla gente piace così”, e piace anche tanto, a giudicare dai volumi che fa il Bootleg, notevoli per un bar di periferia. Se gli chiedi perché non siano mai, a dispetto dei numeri, sotto i riflettori, o in qualche classifica, rispondono molto chiaramente: “Entrare in certi circuiti è un lavoro a parte, parallelo. Se ti poni quell’obiettivo ti ci devi dedicare, e spendere inevitabilmente tempo, denaro ed energie, che invece preferiamo investire per incrementare il lavoro”.

Tomalcol

Tomalcol

Insomma, i riconoscimenti proprio non gli interessano? “Siamo fra i primi bar in centro Italia per consumo di Gin e Acqua Tonica, non so se conta qualcosa” dice Davide con un sorriso, e aggiunge “Però lavoriamo anche tanto coi cocktail della casa, cerchiamo di fare cose semplici, abbordabili, senza tecniche particolarmente sofisticate. Lavoriamo molto con sciroppi ed infusioni: frutta, spezie, tè…tutti sapori che danno un carattere deciso ai Drink. Cerchiamo continuamente nuove ispirazioni”. E di novità, i fan del Bootleg sentivano la mancanza perché, fino a ieri, la lista era una sorta di “Greatest hits” con i best seller degli anni passati. “L’ultimo menù propriamente detto era ispirato a Netflix ed era una figata assurda, però è uscito a inizio 2020, poco prima del lockdown” ricorda Daniele lanciando un’imprecazione, “e nel 2021, fra restrizioni e zone colorate, non eravamo nel mood giusto per lavorare su qualcosa di nuovo”. E se non sei dell’umore giusto è difficile tirare fuori dal cilindro capolavori come “Tonico-dissetante-financo-rinfrescante” afferma Davide, “Una delle mie creazioni a cui sono più affezionato, anche se si fa prima a berlo che a ordinarlo”. Ma anche “Paura e Delirio a Montesacro” o “Peaty Blinders”, in un vortice di citazioni e doppi sensi spesso geniali, non senza qualche scivolone: “Una volta facemmo un drink in stile polinesiano e lo chiamammo Hu Ha Wakahara, convinti che volesse dire Monte-Sacro in lingua Maori, ma poi abbiamo scoperto che voleva dire tutt’altro”. Non si sa neanche cosa, ma Daniele taglia corto: “Facciamo divertire perché ci divertiamo, e puntiamo sulla qualità, penso sia tutto qui”.

Rob Royce

Rob Royce

Alle nostre spalle, Mariangela e le sue amiche cinguettano: “E’ vero, qui si beve benissimo!”.
Abitano tutte e tre a Tor Lupara, altra periferia non molto distante. “Ma se devo venire a Montesacro, vengo qui, perché hanno il vino buono” specifica Chiara, mostrandomi un bicchiere di rosso. Di quale vino si tratti, non ricorda, e forse neanche importanza. Mariangela invece sta sorseggiando un Rob Royce, a base di Scotch, vermouth e liquirizia. “Non bevo whisky di solito, ma la ragazza me l’ha consigliato dopo avermi fatto un paio di domande sui miei gusti, e devo dire che ci ha preso in pieno”. Quando dice “la ragazza” si riferisce a Giada, che ha cominciato a frequentare il Bootleg da cliente, e le è piaciuto a tal punto da volerci lavorare, in sala.
Prima di Salutare Davide e Daniele, gli chiedo cosa rifarebbero e cosa non rifarebbero, se potessero tornare indietro. Sulla prima domanda Davide è perentorio: “La posizione. Io non ci credevo tanto, in questa zona, ma Daniele ha insistito e alla fine ha avuto ragione lui”. Sulla seconda invece, non sanno cosa rispondermi. Difficile, effettivamente, pensare di cambiare i pezzi di un puzzle che si incastra alla perfezione. “Sicuramente qualche cazzata l’abbiamo fatta, ma magari ce ne accorgeremo più avanti”.

Sono quasi le tre, e al Bootleg comincia il “dopolavoro”: Barman e camerieri che hanno appena staccato e vogliono farsi il Gin Tonic della staffa.

Arrivano da ogni parte di Roma, ma soprattutto dal centro.

massimo@fmbpartners.com'

Giordano Cioccolini

Giordano è un Trainer Bartender di Flair-Project. L’articolo è stato gentilmente preso dalla pagina social Flair Project Community

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