Il viaggio del Nik’s nei 40s: il bar come un Giro d’Italia

Il terzo volume del diario di Nik: Giro d'Italia

Il terzo volume del diario di Nik: Giro d’Italia

Un nuovo menù ispirato al Giro d’Italia, tanto da prenderne persino il nome. Parliamo dei nuovi cocktail del Nik’s & Co., locale milanese guidato da Leo Sculli, che unisce al bar una cucina curata e ambiente retro. In questo caso siamo nell’ultimo scorcio degli anni ‘40, un periodo in cui il Paese si affaccia, dopo la guerra, alla ripresa economica, che diviene anche sociale.

Il menù si snoda, come il Giro rosa, a tappe, è dunque molto narrativo, “Questo percorso nasce dalla voglia di offrire ai nostri ospiti qualcosa di più del semplice cocktail. Insieme con tutto il team abbiamo fatto lunghi viaggi per l’Europa. Da qui derivano le ispirazioni e l’idea di scrivere il diario di viaggio di un personaggio di fantasia, oramai diventato la nostra mascotte: Nik. Leggendo le sue pagine possiamo rivivere gli avvenimenti storici, con personaggi realmente esistiti che ha incontrato”, dice Sculli. E proprio Nik campeggia nella cover del menu, in sella non a una bici, ma a una vespa, uno dei simboli della rinascita italiana del dopoguerra. Le esperienze dei suoi viaggi, che appunto si basano su quelle della corsa rosa, sono state condensate in forma liquida, dal barmanager Selvi Panepinto e in forma solida edibile dall’executive chef Paolo Bertin, new entry del locale. Il menu, infatti, gioca sul pairing tra bar e cucina, i due binari paralleli che guidano il passeggero-cliente, attraverso la storia. “Ci siamo ispirati ad uno o più ingredienti dedicati alle regioni d’Italia”, sottolinea Selvi, “la comunicazione con la cucina è stata fondamentale”.

Io Può

Io Può

“Questa contaminazione la ritroviamo anche nei piatti. Non è la drink list a doversi adeguare alla cucina, ma cerchiamo sempre il modo di trovarci, grazie a tecniche e abilità che i mizologist di oggi condividono con noi”, chiarisce Bertin.

Facciamo alcuni esempi: Io Può, cocktail dedicato al principe della risata, Antonio De Curtis, che ci porta in Campania. Il collegamento col cibo è, nemmeno a dirlo, col la pizza, attraverso un cordial home made al pomodoro e capperi. La base alcolica è gin Mare Capri, nel complesso risulta un drink fresco, servito a tavola con un santino di Totò e una sua tipica frase.

Testa Rossa, dedicato a Enzo Ferrari, è accompagnato da un food pairing tutto emiliano: riso carnaroli, barbabietola, caviale di negroni e frutti rossi fermentati. Gli ingredienti si accoppiano con quelli del bicchiere: Portobello Sloe Gin, cordiale homemade di aceto balsamico, estratto di barbabietola sempre homemade ed una tartara di barbabietola che, ci assicurano dallo staff, sconvolge le regole del gioco dei sapori, una volta mescolati insieme. Nella tappa sarda, dedicata a Grazia Deledda, si mangia una mousse al cioccolato bianco, mirto e polline, bevendo Ketel One Vodka, colatura di pecorino sardo, miele. C’è anche un pre dessert fuori menù, sembra un puzzle a vista, a base di foie gras, con pan brioche e composta di cipolla e miele.

Testa Rossa

Testa Rossa

Consigliamo non solo di bere e mangiare, ma di sfogliare le pagine del “Giro d’Italia 1940 Vol 3”, per rivivere episodi che fanno parte della nostra memoria collettiva. Il volume è il 3, perché segue il filone dei precedenti, basati sempre sul viaggio, leit motiv del Nik’s, locale-casa per chiunque lo frequenti anche solo di passaggio una sera. I suoi strumenti, oltre a bar e cucina, sono proprio quelli musicali, presenti non come arredo, ma parte integrante della sala, spesso utilizzati da suonatori occasionali. E quando la musica parte, il mood cresce. E Nik viaggia sulla sua vespa, pronto a nuovi incontri.

 

Photo Credits @giannifontana @chillaxingroad

Gaetano Massimo Macrì

Martiniano. Bartender/giornalista. Insegnante di quello che – seppur in molti sembrano esserselo dimenticato – va sotto la voce di “American Bar”. Tradotto significa: esigente bevitore al bancone e miscelatore ignorante, perché, come scriveva un ‘collega’ degli anni ’30 del secolo scorso (Elvezio Grassi in “1000 misture”) l’essere un buon barman è “sapere quanto poco noi sappiamo”. Mi sembra un ottimo punto di partenza. Per questo motivo vado in giro per locali, alla ricerca del mio perfetto martini cocktail, nonché del mio bartender di fiducia. Un po’ Ernest Hemingway, un po’ David Embury, un giorno scriverò anche io una ‘bartender’s guide’ o qualcosa del genere. Infine, ma assolutamente non da ultimo per importanza, ecco alcune disposizioni per chi fosse interessato a farmi da bere. Colui che mi preparerà un buon Americano, avrà la mia simpatia. Colui che saprà costruirmi un Boulevardier degno di nota, otterrà la mia riconoscenza. Se, poi, non solo non disdegnerà un Old Pal, ma sarà in grado di equilibrarmelo nella coppetta, godrà di tutta la mia più profonda stima. Il martini, tuttavia, è un’altra faccenda.

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