Alla scoperta del mondo del Rum

Riassumere in poche righe tutte le nozioni apprese durante le due intense giornate di master class sul Rum organizzate da Leonardo Pinto di Isla de Rum sarebbe un’impresa destinata a fallire. Nemmeno le esaurienti dispense fornite per il corso, ben più lunghe di un articolo, riescono infatti a racchiudere completamente le esperienze e le conoscenze acquisite. Lungi dal voler riassumere quanto compreso il breve racconto di questa personale formazione vuole invece esser da spunto per incuriosire e aprire la mente a nuove e più approfondite ricerche, o più semplicemente per approcciare con questo multiforme universo, a pochi giorni dallo ShowRum, la principale manifestazione italiana dedicata a questo

BlueBlazeR al Rum Master di Isla de Rum

BlueBlazeR al Rum Master di Isla de Rum

distillato. La storia e la produzione di questa bevanda possono dischiudere le porte di un mondo affascinante e variopinto, sfaccettato e policromo come i molti paesi che ne sono, orami, la patria. Croce e delizia di questo nettare è infatti proprio la sua così articolata provenienza che ne ha reso ancor più difficile la storia e ne rende, oggi, quasi impossibile la regolamentazione. Non esiste ancora, infatti, alcun disciplinare preciso che regoli la produzione del distillato di canna da zucchero o derivati; una lacuna che ha consentito l’immissione sul mercato di una vera valanga di sottoprodotti, spesso di infima qualità. Distinguere dunque un vero Rum da un “liquore” aromatizzato è forse il passo fondamentale per avvicinarsi a questo smisurato pianeta.

Breve storia del Rum

Andiamo però con ordine. La strada che ha condotto la canna da zucchero dalla Nuova Guinea ai Caraibi è infatti molto lunga, e le successive vicende del distillato da esse prodotto ancor più contorte. Chi lega infatti le piantagioni di Saccharum officinarum  alle isole del centroamerica sbaglia o meglio, ignora la reale provenienza di questa pianta approdata in Europa con gli Arabi (circa nel 700 d.C.) e da lì importata nelle “Indie occidentali” dopo la scoperta dell’America di Cristoforo Colombo. La prima

Il libro "A true and exact history of the Island of Barbados"

Il libro “A true and exact history of the Island of Barbados”

testimonianza di quello che oggi chiamiamo Rum risale invece al 1674 quando Richard Ligon, cavaliere inglese, descrive, nel suo “A true and exact history of the Island of Barbados”, una bevanda “infinitamente forte, ma non molto piacevole nel gusto”, prodotta e consumata, appunto, sull’isola di Barbados. Leggende e racconti legheranno per sempre questa bevanda alle dure battaglie fra i pirati e la marina inglese nelle acque del Mar dei Caraibi; il Rum, trasportato all’interno delle navi, era infatti in grado di infondere coraggio e ardimento durante i combattimenti, almeno secondo le cronache dell’epoca. Le sorti del distillato di canna da zucchero subirono, successivamente, alterne vicende strettamente legate ad importanti momenti storici, dalla Guerra d’indipendenza americana (1775-1783) al Blocco continentale di Napoleone (1806). Bisogna però giungere fino ai giorni nostri, esattamente al 1998, per trovare, con l’approvazione dell’Appellation de Origine Controllè (A.O.C.) per il Rum della Martinica (territorio d’oltremare francese), una prima regolamentazione precisa e controllata della produzione di almeno una particolare tipologia di questa bevanda. Al di fuori di questa piccola nicchia, tutto il distillato da canna zucchero presente sui mercati globali, vive, di fatto,  ancora oggi al di fuori di regole certe

Tecniche di produzione

Come ogni altro distillato anche la produzione del Rum si divide in tre fasi principali: la raccolta e la lavorazione della materia prima, in questo caso la canna da zucchero, la fermentazione e la distillazione.
Per comprendere come nasca questo particolare distillato è necessario quindi, in primo luogo, conoscere la canna da zucchero. Esistono, in natura, tre grandi famiglie di questa graminacea, caratterizzate per il diverso rapporto fra linfa zuccherina e parte fibrosa: la Canna Nobile, molto ricca di linfa ma assai poco resistente, la Canna Selvatica, più robusta ma meno “dolce” e la Canna Spontanea, quasi completamente legnosa. Nessuno di questi tre tipi di pianta rispondeva però alla necessità dei produttori di zucchero (e di Rum) di resistere alle intemperie garantendo però un buon apporto di linfa. Ibridando così le prime

La canna da zucchero pronta per la spremitura

La canna da zucchero pronta per la spremitura

due tipologie di Cannamele si ottenne, al seicentosessantaseiesimo tentativo, la B69.566, meglio nota come Canna Bleu, attualmente la più utilizzata.
Dopo aver raccolto le piante, le canne vengono tagliate in pezzi più piccoli e spremute per separare la parte fibrosa dalla parte liquida zuccherina, il Vesou. E’, di fatto, con l’estrazione del Vesou che inizia a nascere il Rum. Una volta raccolta la linfa si procede, a seconda della tipologia di produzione, ad una diversa lavorazione. Nel caso del “Rum Agricolo” si passa infatti direttamente alla fermentazione del liquido ottenuto, mentre, per la produzione del “Rum tradizionale” si avvia un processo decisamente più complesso. In zuccherificio infatti il Vesou viene fatto bollire per eliminare l’acqua ed ottenere uno sciroppo più denso, denominato Miel. Aggiungendo a questa sostanza degli agenti cristallizzanti e centrifugando il tutto si ricavano una parta solida, meglio nota come zucchero di canna, e una parte liquida o melassa. La melassa può essere utilizzata per la produzione del Rum o nuovamente centrifugata per estrarne ogni possibile granello di zucchero. Per questa ragione si distinguono varie tipologie di melassa utilizzate nella produzione del distillato, da quella di grado A, pregiatissima e quasi in disuso, fino al Black Strab, sostanza ormai satura ma purtroppo fra le più diffuse.

 

La fermentazione

La fermentazione

Qualunque che sia la tipologia di Rum che si voglia produrre il passo successivo è la fermentazione. La fermentazione è un processo chimico che, attraverso l’uso di lieviti, trasforma gli zuccheri presenti nel liquido in alcoli di varia natura e sottoprodotti secondari. In quanto esseri viventi i lieviti, sottoposti ad alte temperature (la fermentazione è un processo esotermico) in ambiente saturo dagli alcoli da loro stessi prodotti, potrebbero morire prima di aver terminato la loro funzione. Per consentire dunque di completare l’intero processo di fermentazione, che va da 12 ore a 120 giorni a seconda della tipologia di produzione, il composto viene raffreddato e diluito. Ad esclusione di piccole produzioni locali e della produzione di Haiti la fermentazione spontanea, che utilizza i lievi endogeni presenti nell’ambiente, non è più utilizzata, soppiantata dalle più redditizie distillazioni controllate. Queste si dividono a loro volta in fermentazione controllata continua, che consente una produzione più massiccia ed economica, e fermentazione controllata di discontinua, decisamente più onerosa e meno fruttifera (ma più caratterizzante, con le sue note uniche di boulangerie).

Una volta ottenuto il fermentato il passo successivo è la distillazione, un processo fisico che, attraverso un gioco di passaggi di stato, consente di estrarre le molecole di alcool dal composto. Anche in questo caso si distinguono due tecniche: la distillazione a colonna (o continua) e quella in pot still (o discontinua). La denominazione di queste tecniche deriva dalla tipologia di alambicco utilizzato durante il processo.

Il Pot Still

Il Pot Still

Ancora una volta la lavorazione di tipo continuo garantisce un maggiore rendimento economico e una più ampia produttività, mentre quella di tipo discontinuo una migliore qualità (con un prodotto finale decisamente più aromatico) a scapito però della quantità realizzata. Quando si parla di distillazione è importante sottolineare la delicatezza di questo procedimento. Nella fase di fermentazione infatti vengono prodotti una vasta gamma di alcoli, molti dei quali nocivi per l’uomo. E’ dunque in questa terza fase che il master distiller deve selezionare (oggi anche attraverso l’uso di analisi chimiche) solo gli alcoli commestibili, tagliando le cosiddette “teste” (alcool metilico), velenose e molto pericolose.

Il distillato così ottenuto, dopo un processo di esterificazione, può essere direttamente imbottigliato

Barili alle Barbados

Barili alle Barbados

oppure subire un ulteriore passaggio; l’invecchiamento. Il Rum viene lasciato riposare, prevalentemente, in botti di rovere che, con il passare del tempo, caratterizzano in modo sempre più marcato le note gustative del prodotto. Durante questo processo il distillato subisce infatti una nuova trasformazione, perdendo la cosiddetta “parte degli angeli” (una quantità di prodotto che evapora, con sottrazione di alcoli volatili, e con essi parte degli aromi derivanti dalla materia prima e dalla fermentazione, e grado alcolico) ma guadagnando struttura, complessità e una gamma di aromi propri della botte. La quantità di questo “angel share” è molto alta nei Caraibi in quanto direttamente collegata alle condizioni di temperatura ed umidità dell’ambiente in cui avviene l’invecchiamento. Per questa ragione è imporante diffidare di tutte quegli imbottigliamenti che presentino, in etichetta, invecchiamenti di lunga durata svolti su una delle isole caraibiche.

Giampiero

Dal cinema al whisky il passo può esser breve. Basta fare un viaggio in Scozia, perdersi magari nel cuore delle Highlands, e ritrovarsi a chiacchierare in un piccolo pub di Ullapool parlando di torbatura e imbottigliamenti. Nasce così una passione travolgente, girando l’Italia, l’Europa (e non solo) di degustazione in degustazione, di locale in locale... alla scoperta del meglio che questo universo può offrire. Cocktail preferito: Rob Roy Distillato preferito: Caol Ila 25 yo

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